E’ davvero difficile cominciare a scrivere queste due, tre riflessioni di modesto “moviegoer” quando si parla del film evento del 2015.
Forse un ricordo personale può aiutare.
Nel 1978, veramente “Molto tempo fa in un’Italia lontana” mi trovavo, un pomeriggio domenicale, stritolato dalla massa accorsa nel piccolissimo cinema Ritz, che stava in campo san Gallo, ad assistere alla discesa negli schermi italiani di “Guerre Stellari”, film il cui evento era stato preparato certosinamente con servizi sui giornali e riviste, pubblicazioni (avevo, ancor prima di vedere il film, il romanzo “novelization”) e giocattoli.
“Guerre Stellari” e non “Star Wars” come oggi è comunemente chiamato.
Ricordo che iniziò alle 15 e che per tutta la durata del film, a partire dai leggendari titoli in ascesa, assistei a qualcosa di meraviglioso, come solo una mente meno avvezza e scaltrita di cinema ma carica di quella voglia di sottostare alle sue attrazioni come quella che avevo all’epoca poteva percepire.
Il mix di fantasy, fantascienza, epica, western che era il primo prodotto della saga, ci stupì tutti per la sua tracotante messinscena, il piacere di godere dell’avventura, l’appassionarsi alle vicende di bizzarri reietti guidati dal giovane orfanello Luke Skywalker.
Rividi “Guerre stellari” tre volte ancora, al cinema, inseguendo un’emozione che l’età inevitabilmente aveva spento. L’ultima visione del film mi lasciò interdetto, specie per i dialoghi, che trovai poveri.
E’ vero, è un trattamento ingiusto questo; “Guerre Sellari” piacque proprio perchè trasmetteva una grande e rivivificata passione per il cinema fantastico senza nessun retropensiero profondo. Il che non vuol dire che si tratti di cinema superficiale, anzi. Però è con lo stesso disamore che vidi i restanti titoli (non tutti, ammetto) della continuazione di questa saga, già scritta sin dall’inizio dei tempi.
Ho sempre timore quando mi trovo davanti a opere d’arte che coinvolgono il fruitore tipo in una dimensione iniziatica con declinazioni ramificate, tra cartelle, sottocartelle, genealogie, parentele e affini. Ho l’impressione (forse erronea) che si oltrepassi lo specifico cinematografico per entrare nella quieta patologia.
Tant’è che ho mezzo sonnecchiato davanti all’episodio 7, appena uscito nei cinema. “Star Wars 7: il risveglio della forza” si è scontrato con la mia sempre più cresciuta umanità che tende a respingere una forma di cinema asessuato e incline alla mistica superomistica di principesse e cavalieri, bene e male spartanamente divisi,
The Moviegoer, appunti di uno spettatore cinematografico. Di Giovanni Natoli.
eroi ingessati in armature (come quelle di “Lancillotto e Ginevra” di Bresson ma quelle con intenti satirici e patetiche nel loro paralizzare e nascondere la fragilità dell’uomo).
Ma torniamo al film in questione.
Dopo gli ultimi episodi deve essersi acceso un campanello d’allarme nella testa di Lucas; la scelta di far dirigere a un regista vivace come J.J.Abrahms un episodio che è strettamente riferito al “primo” (cioè il quarto, oggi); la stessa messinscena in cui fotografia, montaggio, ritmo, mascherini sono derivati dall’episodio che dette inizio alla “Star Wars” mania mi son sembrati voler recuperare la gioia perduta. Che però, per molti motivi, mi è apparsa rivivere in sedicesimo.
Anche a voler mettere da parte le mie idiosincrasie trovo eccessivo il coro di lodi a questa pellicola, fatta di luoghi comuni, situazioni già sperimentate, inadeguatezza (non razzismo, sia chiaro) nell’inserire attori afroamericani per una storia definita da un mio amico prettamente W.A.S.P.; modernariato tecnico per una serie che è essa stessa già modernariato sin dal 1978 (in fondo appartiene alla rilettura del passato cinematografico U.S.A. che nei ’70 era già praticata dagli Spielberg, Lucas, Coppola e proseguita negli 80 con Kasdan, in effetti co-realizzatore di “Star Wars”). E almeno un clamoroso miscast (Adam Driver; il pubblico ha mugugnato in sala).
Riassunti della storia non se ne possono ancora fare (ma non l’avete ormai visto tutti?) e a far spoiler si rischia la vita. Caso tipico di un genere che dipende totalmente dalla trama e dalle relative sorprese, un po’ telefonate.
Chi ci fa più bella figura son forse i “vecchi”, cioè Harrison Ford e una botulinizzatissima Carrie Fisher.
Con loro il sapore del “vecchio” modernariato ha un soffio di umanità. Per il restante cast abbiamo efficienza e rapidità a sparire dalla scena (Oscar Isaac) e una nuova Leia, Daisy Ridley. Ancora più androgina e asessuata del prototipo.
Mai come stavolta le mie sono impressioni da “Moviegoer” e non una “critica”. Il film sta in piedi per quello che deve essere e per gli appassionati sarà anche uno dei titoli d.o.c. della serie. Un tassello di un sogno titanico tutto cinematografico, completamente puerile. Oggi sotto l’egida Disney.
“STAR WARS: IL RISVEGLIO DELLA FORZA” (“Star Wars: ep 7 The force awakens)
regia: J.J. Abrahms
con Harrison Ford, Carrie Fisher, Mark Hammill, Adam Driver, Daisy Ridler, John Boyega, Oscar Isaac
Giovanni Natoli
01/01/2016
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