Quando non resta che lo sciopero per rivendicare i propri diritti e manifestare in città l’umiliazione delle promesse non mantenute, i nodi vengono al pettine.
I dipendenti del Mose, circa 260, si sono riuniti in Assemblea a Ca’ Marcello, per rivendicare il mancato stipendio di luglio e agosto, e per scongiurare la minaccia del perpetuarsi della cassa integrazione: hanno tentato di fare il punto della situazione. E di reagire.
Esigono chiarezza dal Consorzio Venezia Nuova, Comar e Thetis rispetto una situazione che giudicano inadeguata e lontana dalle promesse, tanto da far maturare l’idea di impedire l’alzata del Mose previsto per la prima settimana di settembre.
Con senso di responsabilità i lavoratori e i sindacati, che non vogliono creare problemi alla città, sciopereranno durante un test, senza la condizione di alta marea.
I dipendenti conoscono la fatica del loro lavoro, se le paratoie del Mose si alzano, è anche perché ci sono delle braccia che le sollevano e mani che intervengono su tutti i problemi che possono nascere durante l’operazione meccanica.
Gli elementi di crisi, rilevati durante l’Assemblea, sono tanti e a ricordarli, oltre le quattro ore di sciopero, ci sarà un presidio davanti alle sedi istituzionali, dove i lavoratori sperano di potersi confrontare con i responsabili dei settori.
L’autunno è alle porte e la minaccia di alta marea è sempre presente nella mente dei veneziani che con la completa realizzazione del Mose potrebbero dormire sonni più tranquilli.
S’intrecciano questioni economiche (il Consorzio Venezia Nuova in presumibile liquidazione) e organizzative che richiamano l’urgenza di una guida e dell’assunzione piena di responsabilità istituzionali sul futuro del Mose.
L’anno scorso è stata emanata una legge che ha istituito l’Autorità per la laguna e con essa molte rassicurazioni sul fronte economico che garantivano il superamento delle questioni economiche, ma nulla è successo da allora.
Lavori fermi e controversie economiche tra il Consorzio e le aziende hanno bloccato i lavori di perfezionamento del Mose.
L’Autorità ideata dal Governo Conte, è uscita dall’orizzonte.
L’Autorità per la laguna di Venezia avrebbe dovuto gestire l’ultima fase di costruzione dell’opera pensata per proteggere Venezia dall’acqua alta, e curare la gestione e manutenzione una volta a regime.
Non solo: al nuovo ente sono state attribuite anche le competenze per la tutela della laguna di Venezia.
L’anno scorso il Governo comunicava: «È prevista l’istituzione di un’Autorità per la laguna di Venezia, che assume le competenze riguardanti la salvaguardia della città di Venezia e della zona lagunare e al mantenimento del regime idraulico lagunare, tra cui la gestione e la manutenzione del MOSE, e quelle attribuite al Magistrato alle acque».
A questo punto, i segretari generali Ugo Agiollo (Cgil), Paolo Bizzotto (Cisl) e Igor Bonatesta (Uil), chiedono la convocazione di un tavolo permanente in Prefettura, esteso alla partecipazione di Comune e Regione al fine di riprendere i temi della salvaguardia della laguna e del destino dei lavoratori che stanno rischiando davvero troppo e che stanno pagando caro il prezzo dei ritardi e degli errori altrui.
È ingiusto e inaccettabile penalizzare i lavoratori che sono sempre stati estranei a tutte le forme d’illegalità che hanno caratterizzato la vicenda Mose.
Come pure è inaccettabile l’ignorare quel patrimonio di professionalità ed esperienze proprie dei lavoratori delle aziende.
Andreina Corso