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Saman e le tradizioni fondamentaliste. Le voci del mondo. Di Andreina Corso

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La dolorosa vicenda di Saman, che un filo di speranza fa sperare sia ancora viva, ha messo in luce quegli aspetti del nostro pensare e insiti nella nostra coscienza, ancora non maturi e che scadono spesso nel pregiudizio.
Tanti, fra ‘noi’ (mentre gli altri sono un errante ‘loro’, indistinto, da giudicare in massa), pensano che tutti i pakistani, siano come la famiglia di Saman.
E che la violenza di quella famiglia sia uguale a quella di tutti i pakistani.
Come dire che i criminali mafiosi italiani siano uguali a tutti gli italiani.
La questione è molto complessa e non è riducibile a questa semplice transazione.
Sarebbe superficiale e scorretto fermarsi qui. Proviamo a valutare i commenti della stampa pakistana.

Il quotidiano online Dawn, il giornale più diffuso e antico del Paese, fondato da Muhammad Ali Jinnah, padre fondatore del Pakistan, ha pubblicato il 29 maggio la notizia del caso della 18enne di Novellara, Saman Abbas, scomparsa nelle scorse settimane, e su cui la Procura sta indagando i due cugini e lo zio.
Le pagine del giornale hanno riportato anche l’episodio dello scorso anno, quando Saman si ribellò alla famiglia che voleva farla sposare attraverso un matrimonio combinato. I commenti sotto l’articolo chiedono di non credere che la cultura e la tradizione del Paese sia uniformi: “Spero che un singolo caso di delitto d’onore non sia proiettato come riflesso della cultura di un paese”, scrive un lettore.
“Matrimonio forzato per una ragazza di 18 anni in terra straniera e fuga dalla criminalità? Queste persone danneggiano l’orgoglio di tutta la nazione. Deve essere punito”. (Fonte Open)
“Spero e prego che venga ritrovata illesa. Non molliamo. Ma se è stata vittima di un delitto d’onore – scrive un altro lettore – allora il governo italiano dovrebbe fare di tutto per portare davanti alla giustizia tutti coloro che erano coinvolti. Vorrei anche chiedere ai genitori dove trovano negli insegnamenti islamici (ammesso che siano veri musulmani) indicazioni per costringere una ragazza a sposarsi contro la sua volontà”.

Dopo aver saputo che i genitori si sono rifugiati in Pakistan alcuni chiedono che venga negato loro l’ingresso nel Paese e che vengano rimandati in Italia fino al completamento delle indagini.
E sui genitori, e sul presunto omicidio, alcuni scrivono: “È uno strano mistero come possano avere il coraggio di uccidere le proprie figlie e poi scappare per proteggere il loro onore già morto con le loro figlie?”.

Sulla cultura pakistana e quella occidentale un lettore osserva che: “L’assimilazione non significa rinunciare alla tua religione e cultura. Molti Paesi occidentali si stanno sviluppando come società multiculturali. Questo omicidio, tuttavia, è probabilmente basato su pratiche ignoranti che spingono le persone a imporre la loro volontà ai figli e vedono le donne come proprietà”.

Leggiamo queste parole e sentiamo che c’è un sentire in Pakistan, che è uguale identico al nostro rispetto la violenza, anche noi usiamo parole simili quando succede un crimine nel nostro Paese.


 

Diversi opinionisti hanno accostato la storia di questa ragazza pachistana a quella di una donna di Catania uccisa dal fratello per aver tradito il marito con un uomo di un altro clan mafioso, disonorando così la famiglia. Sostengono che sono due situazioni orribili, ma distinguono: la mafia è fuorilegge e in Italia chi fa cose del genere è condannato dalla società e dai giudici.
In certe culture tribali, invece – aggiungono – chi ammazza una figlia perché rifiuta le nozze combinate crede di aver fatto cosa gradita a Dio. Quest’ultima affermazione, già tribali, è sbagliata, in quanto nata da un pregiudizio, non è vero che le credenze criminali in fatto di religione siano quelle di tutti.

Sul perché di tanto e prolungato silenzio stampa su questa povera ragazza, Luigi Manconi e Goffredo Buccini danno risposte simili ma non uguali.
Manconi punta più sull’incapacità da parte di tutti nell’affrontare il problema dell’integrazione con culture diverse.
Buccini rileva il timore della sinistra di essere accusata di razzismo, di essere accomunata con una certa destra che rifiuta ogni diversità, di sentirsi rivolgere l’epiteto di “islamofobo”.


 

Riprendono gli opinionisti “Tutte le opinioni, comprese le loro sottili differenze, sono preziose per cercare di capire la realtà. Ma quel che conta è che si sia riconosciuto un fatto: e cioè che una vicenda mostruosa come quella di Saman è stata taciuta, rimossa, nascosta quasi con vergogna da un milieu giornalistico e politico solitamente prontissimo a sollevare scandali per molto meno”.

Ecco, la nostra battaglia è poter parlare di questo senza volerci mescolare con gli xenofobi. Le diversità sono una ricchezza e “contaminarci” con esse ci arricchisce. Ma non tutte le diversità sono un valore: quelle oggettivamente mostruose, vanno denunciate urlando dai tetti.

Nadia Bouzekri, vicepresidente dell’Unione delle comunità islamiche in Italia schierata contro i matrimoni forzati afferma che “avvengono in nicchie etniche molto ristrette. La violenza di genere è trasversale a culture e religioni. È un problema di come si concepisce la donna. Bisogna uscire da sigle di appartenenza o orientamenti, bisogna soprattutto agire contro le ingiustizie. Abbiamo visto prese di parola da destra con lo scopo di strumentalizzare questa vicenda contro le comunità islamiche. A sinistra noto un silenzio più preoccupante. Bisogna parlare”.

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5 persone hanno commentato. La discussione è aperta...

  1. in risposta a Franco: è vero, la giornalista ha lanciato un invito a riflettere e così è stato per me… e l’argomento centra eccome, anzi credo proprio di aver messo il dito nella piaga.

  2. Sono i buonisti, la sinistra, che sostengono i traffici di umani e aprono i porti a tutti quanti.. queste sono le conseguenze. In una Itala che dovrebbe risolvere prima i propri problemi!

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