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Saman e il coraggio del fratellino

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Chissà come speri di aver capito male, di aver equivocato le parole che hai sentito pronunciare e che non vuoi crederci ancora fossero rivolte a tua sorella Saman.
Eppure sono state dette e tu le hai stampate in mente insieme alle immagini di quel badile in mano a tuo zio, insieme al ritorno di uno zainetto orfano di Saman: i tuoi occhi sono saturi di tante minacce e odio.
È trascorso un mese dalla scomparsa di tua sorella, ma tu speri che sia ancora viva, hai bisogno di illuderti che sia così.
Hai tanta paura perché qualche componente la tua famiglia ti ha ‘avvertito’ ma tu, hai voluto ribellarti, non sei e non sarai mai complice della violenza e della crudeltà. E in tribunale testimonierai tutto quello che sai.
Tua sorella Saman è scomparsa nel nulla nella notte del 30 aprile scorso.

Con la famiglia, vivevate tutti a Novellara, in provincia di Reggio-Emilia.
I tuoi genitori sono forse fuggiti in Pakistan e sono ricercati insieme allo zio Danish Hasnain e a un cugino.
Un altro cugino è stato arrestato in Francia e si attende l’estradizione.
Il sospetto è che l’abbiano uccisa per il rifiuto di un matrimonio combinato che si sarebbe dovuto tenere in Pakistan.
Tu hai sedici anni e hai trovato la forza di recarti dai carabinieri e di raccontare tutto quel che sapevi, anche se ti hanno minacciato di morte, qualora avessi parlato.
Hai spiegato che tua sorella è stata uccisa dallo zio Danish Hasnain, perché ha disubbidito alla famiglia, perché voleva essere libera di fare le sue scelte, perché voleva difendersi da una famiglia opprimente, fanatica e ignorante.

Ora, da quel posto segreto che ti difende, puoi ricostruire gli avvenimenti.
Ripensi all’ultimo messaggio che Saman ha inviato al suo fidanzato, a notte tarda, quando un presentimento le fa scrivere “Se non mi senti entro due giorni, chiama i carabinieri”.
Ha telefonato anche a tua madre, che era in pena per lei.
Poi l’ennesima lite, chiede i suoi documenti al padre, che rifiuta.
Tua sorella se ne va e tuo padre chiama lo zio ‘forte’, quello che temono, che risolve tutto, non importa con che mezzi.
Dice ai tuoi genitori, che ci pensa lui a risolvere la questione e quando torna con uno zainetto in mano, dice di aver fatto un buon lavoro e che è tutto a posto.
Solo in quel momento tuo padre si rende conto e piange, capisce che la tragedia è stata consumata.
Purtroppo l’aver chiamato quello zio, quel giustiziere, è stato l’errore più grande, anche se lo sai anche tu (scusa) che i tuoi genitori volevano punirla severamente.
Un video girato il 29 Aprile da una telecamera esterna all’abitazione, ritrae tre uomini, di cui uno con una pala.

Sarebbero zio e cugini. Il sospetto è che si stessero dirigendo a scavare la fossa nei pressi dell’azienda agricola dove vivevano e lavoravano gli Abbas.
Il fatto confermerebbe, insieme ai biglietti aerei per il Pakistan ricevuti dai genitori il 26 aprile, la premeditazione.
Di questo e di tanto altro dovranno rispondere al Gip di Reggio Emilia Luca Ramponi e lo zio, che è sparito nel nulla, dovrà rispondere di omicidio.
Nel registro degli indagati ci sono cinque nomi di parenti della diciottenne: lo zio Danish Hasnain (33); il padre Shabbar Abbas (46); la madre Nazia Shaheen (47); i due cugini Nomanulhaq Nomanulhaq (34) e Ikram Ijaz (29).
I genitori sono rientrati in Pakistan.
Ijaz è stato arrestato in Francia e si attende l’estradizione.
L’altro cugino e lo zio sono ricercati dalle autorità di mezza Europa.
Come farai a reggere tutto?
Già hai dovuto assistere a scene pietose, come quelle che vedevi quando Saman dormiva sui marciapiedi per punizione, o quando tuo padre non permetteva a tua sorella di frequentare le scuole superiori. E ancora voleva obbligarla a sposare un cugino.


 

Come farai a crescere, a diventare un uomo capace di amare con questo dolore in petto?
Quante Saman, Hina, Sana dovranno essere ammazzate dalle proprie famiglie perché non vogliono cedere al matrimonio combinato, al divieto di frequentare ragazzi italiani, alla costrizione a vivere una vita che non è quella scelta, perché il problema venga affrontato?
Saman aveva già denunciato i genitori per violenze ed era stata ospitata in una struttura di accoglienza, ma compiuti i diciotto anni era tornata a casa.
Attirata con promesse e l’inganno? Convinta di poter far valere la propria maggiore età? Adesso si teme per la sorte di queste ragazze, ma ce ne saranno ancora omicidi come questi se non si troverà il modo di proteggerle. Non solo.
Bisogna anche impedire che le famiglie portino le loro figlie nei paesi d’origine per matrimoni combinati o per l’infibulazione.
È una battaglia di civiltà che parte dallo ius soli ma che non si ferma alla formalità: la cittadinanza comporta diritti e doveri, come quello di lottare insieme per difendere i diritti conquistati e ottenerne altri.
Così come le donne fanno in ogni angolo del mondo contro la violenza frutto di una cultura patriarcale e ottusa che non ha confini.


 

La Gazzetta di Reggio offre argomenti a largo spettro nel merito nell’analisi delle ragazze che fuggono dai matrimoni forzati e vogliono scegliere come vivere, autodeterminarsi, amare.
Dire che il loro obiettivo è seguire il ‘modello occidentale’ non aiuta a comprendere la realtà.
“Il problema non è la cultura, ma la negazione dei diritti”, afferma Tiziana Dal Pra, Fondatrice dell’Associazione di Donne native e Migranti Trama di Terre.
Dal Pra ha aperto a Bologna nel 2011 la prima casa rifugio per ragazze che rifiutano i matrimoni forzati.
Insiste che non è bastato proibirli con la legge Codice Rosso del 2019, ma è necessario raccogliere dati per conoscere il fenomeno e combatterlo con politiche attive, d’informazione e sensibilizzazione.
Serve riconoscere queste donne come persone. Un modo per farlo è garantire la cittadinanza, rafforzando il sentimento di fiducia nella società.
Se il corpo di Saman sarà ritrovato, il suo nome si aggiungerà alla lista delle 45 donne vittime di femminicidio nel 2021.
Laura, Sharon, Victoria, Soccorsa, Edith, Lorenza, Ornella, Ylenia, Blessing. Uccise da mariti o ex compagni, parenti o conoscenti. Italiani o stranieri, di diverse religioni, ma con una caratteristica in comune: sono uomini.
Ritorno a te, fratello coraggioso di Saman, che sei costretto a vivere questa tragedia e già hai dimostrato che sarai un uomo giusto e generoso.

Andreina Corso

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  1. Finché non si rispetteranno i diritti della persona, del sentire dell’ altro/a, si resterà sempre indietro, privi della bellezza della condivisione, della comprensione reciproca fra le generazioni, si verificano danni che finiscono col distruggere la famiglia. Abbiate fiducia nei giovani che state crescendo, ascoltate i loro cuori, e sostenere i loro sogni… Grazie Andreina Corso, per la tua sensibilità nel sostenere con garbo quanto va messo in luce, il coraggio di un fratello, che un domani sarà uomo responsabile di un mondo migliore in cui vivere, senza sentirsi straniero ovunque si trovi…La tua scrittura fa crescere. Un caro saluto.

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