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Redentore di Venezia 2020, ecco com’è andata. E poi dimentichiamo

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Redentore di Venezia 2020, ecco com'è andata. E poi archiviamolo

Nuvole minacciose e un forte vento hanno avvisato i bagnanti del Lido già dal primo pomeriggio, quasi a dire: “Oggi niente festeggiamenti, oppure sì ma in tono dimesso” (dato che poi non ha piovuto). Così le spiagge hanno cominciato a svuotarsi lentamente dalle 16.

Ma a spingere verso il rincasare per cambiarsi, agghindarsi, docciarsi, c’era anche l’euforia per l’avvicinarsi di mezzanotte del terzo sabato di luglio: anche senza fuochi si è confermato un appuntamento molto sentito per i veneziani. Un po’ l’emozione per questo momento è nel nostro Dna. Come un’esperienza che rinforza la consuetudine, dato che ci ha accompagnato finora nella nostra esistenza sin da quando eravamo ragazzi.

L’immagine che resterà come una polaroid nell’album di Venezia 2020 alla pagina “Redentore”? Una a caso di quelle scattate a bordo della linea 1 che dalla Salute andava verso Lido subito dopo mezzanotte: Bacino San Marco completamente navigabile perché praticamente libero di barche. Al centro, a “ore 12” una pilotina della Polizia locale che con le sue intermittenti azzurre dava un po’ di movimento al panorama. Lontane apparivano alcune lucine colorate dalla Giudecca.

Ma la gente, le persone, non ha rinunciato completamente alla festa. Gli adulti percentualmente hanno preferito le cene nei locali, cene organizzate (a menù fisso o meno, a base di pesce ovviamente) cene a casa di amici o, per chi poteva, cena con la tavola in riva come tradizione.

I più giovani si sono invece riversati per le strade. La dorsale principale della Strada Nova è stata attraversata con una frequenza pari a quella citata della “Linea 1” da gruppi di giovani schiamazzanti. Piccoli-medi raggruppamenti di ragazzi, che potevano arrivare anche ad una trentina, che ridevano sonoramente agli spropositi che urlava il capogruppo sbracato vagando apparentemente senza una meta.

L’impressione è che quest’anno siano mancati loro i riferimenti, i contenuti. In Campo SS. Apostoli pochi minuti dopo la mezzanotte è anche riecheggiato un “Chi non salta rossonero è… Chi non salta rossonero è…”, seguito da un paio di : “Interista pezzo di m…”. Cori che con il Redentore c’entrano pochino, a dire il vero.

Tutto senza incidenti e disordini, comunque, per quanto è stato possibile vedere. Chi affiancava questi gruppi superandoli perché voleva solo rincasare ha potuto procedere indisturbato con passo spedito. L’eccesso, la trasgressione, c’erano, come no. Addirittura in qualche occasione abbiamo scoperto che sono le ragazze del gruppo a tenere le bottiglie che servono ad “alimentare la festa” nelle loro borse.

E qui una riflessione ci scatta spontanea, però: a divertirsi con gli amici, spesso con abbigliamento scelto dal catalogo delle cubiste, anche ragazzine apparentemente di 15 e forse 14 anni. Ma che fine hanno fatto i genitori che a noi ci tormentavano? “Dove vai”, “Con chi sei”, a casa entro…!”. Mah.

Lungo il Canal Grande qualche barca ormeggiata a riva con i palloncini colorati. A bordo adulti, famiglie e qualche amico a mangiare la tradizionale fetta di anguria e a bere qualche ombra. Gli irriducibili della festa.

Ma avvicinandosi a Rialto la vera sorpresa. Come quando da un deserto ci si avvicina ad un centro abitato, cominciamo a sentire rumori, voci, urla e un sottofondo di cassa ovattata che batte il ritmo “Tump… tump…tump…”.

Andiamo verso quella direzione ed… è bastato fare il Ponte di Rialto. Tutta la zona dietro l’ex tribunale, l’erbaria, la pescheria, fino al molo della gondola-traghetto, affollata di persone che ballava o che parlava con il bicchiere in mano dondolando la testa per la musica. Probabilmente non per voler ballare ma perché era impossibile tenerla ferma per il volume assordante.

Anche qui voglia di divertimento con una festa viva ma composta. Apparentemente nessun disordine. Certo qualche giovane si è “arreso” ed è tornato a casa portato a braccia degli amici, ma questo ci sta.

La morale del Redentore di Venezia 2020: il virus ha fermato i fuochi artificiali e probabilmente modificato abitudini della nostra vita. Come una spinta pulsionale, però, (scusa, Sigmund) eccezionalmente viene comunque fuori il “bisogno di vita”. Emerge la voglia di dare prova (anche a noi stessi) di essere vivi prelevandoci per qualche ora da una quotidianità di regole che ci incatena.

Essenziale che la prova ci riconsegni sani a quella quotidianità dopo le eccezioni.
E proprio per questo non possiamo esimerci da un’osservazione: mascherine e distanze sociali molto spesso non erano invitate alla festa di stanotte.

Paolo Pradolin

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