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Reddito di cittadinanza: il primo passo verso nuove forme di servitù?

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Reddito di cittadinanza: il primo passo verso nuove forme di servitù?

La globalizzazione dell’economia (che mette in concorrenza mercati del lavoro completamente diversi) e l’innovazione tecnologica (che riduce la necessità di forza lavoro) stanno portando a una lenta dissoluzione del ceto medio il cui benessere era storicamente fondato sul lavoro (stipendi, compensi professionali, pensioni quali forme di remunerazione del fattore lavoro nel lungo periodo).
Le entrate per le famiglie e per i singoli sono, infatti, stagnanti da decenni, mentre il costo della vita aumenta progressivamente.

Il grande capitale ha saputo ridurre «abilmente» il costo del lavoro in tutte le sue forme; prendere il controllo degli Stati, delle aziende municipalizzate, delle autostrade, delle ferrovie e di gran parte dei servizi pubblici, contribuendo così ad alzare il costo della vita. Ogni anno enormi quantità di ricchezza vengono «estratte» dalla popolazione per essere «trasferite» al grande capitale. Infatti, è evidente che la riduzione delle entrate delle famiglie e dei singoli, combinato con l’aumento del costo della vita, sta «drenando» enormi quantità di capitale verso «l’alto».

In questo declino irreversibile la povertà crescerà a dismisura e gli «spossessati» saranno destinati, nel lungo periodo, diventare una larga parte della popolazione italiana (e dell’Unione Europea).

Non siamo alla presenza di una «crisi economica» come ripetono i media che sono sul «libro paga» delle forze economiche dominanti.
La realtà è la seguente: crescenti sezioni della popolazione sono progressivamente «disfrancate». Utilizzo volutamente l’arcaico verbo «disfrancare» nel suo originario senso etimologico anglo-francese di disfranchise che significava perdita dello status di uomo libero. Il lemma opposto franchise, infatti, indicava «libertà da servitù o vincoli».

Nel mondo contemporaneo tale «disfrancamento» si realizza non sotto forma di atti formali -privazione di diritti civili ecc-, ma attraverso una progressiva e inesorabile perdita del potere di acquisto. Tra non molti anni si arriverà al punto in cui molti milioni di persone non saranno più in grado di provvedere alle proprie esigenze fondamentali (casa, bollette, cibo ecc) attraverso i propri ingressi.

In tale contesto va inquadrato il significato profondo e di lungo periodo del reddito di cittadinanza, il quale non va inteso nell’accezione attuale. Infatti, oggi tale istituto giuridico viene presentato come una forma di intervento statale eccezionale per alleviare la povertà (e serve a rafforzare, nel breve periodo, il consenso elettorale del Movimento 5Stelle). Ma cosa accadrà tra 15-20 anni, quando il declino economico, umano, morale, politico avrà raggiunto livelli ancora più elevati? Cosa accadrà, quando il capitalismo mondiale avrà macinato, disgregato, dissolto larghe sezioni dell’ex ceto medio italiano ed europeo, facendolo precipitare sotto la soglia della povertà?

In quel contesto, il reddito di cittadinanza, sempre meno sostenibile a livello finanziario in quanto destinato a mantenere un significativo segmento della popolazione, verrà con ogni probabilità «collegato» a prestazioni lavorative (obbligatorie o semi-obbligatorie) a favore della collettività (Stato, Enti Pubblici) o di imprese. Lo Stato si farà garante delle esigenze vitali minime di larga parte popolazione da cui soggetti pubblici e privati attingeranno forza lavoro a bassissimo costo (in quanto il costo di sussistenza di tali individui verrà co-finanziato dallo Stato). Il salario che un tempo era sufficiente a garantire al lavoratore un’esistenza libera e dignitosa sarà, per moltissime persone, risultato di forme di cofinanziamento pubblico-statale e sarà comunque sempre prossimo al livello di mera sussistenza materiale del lavoratore.

Tali persone saranno uomini e donne liberi? Potranno viaggiare liberamente? Le prestazioni lavorative «agganciate» al reddito di cittadinanza li renderanno liberi di cambiare città, lavoro, stile di vita? Oppure si realizzerà una società illiberale e sempre più improntata a forme di servitù economica?

Capitalismo e comunismo, i due poli apparentemente opposti, si stanno fondendo nel nuovo ordine economico mondiale in cui un’élite globale è destinata a governare un pianeta popolato da masse tenute a livello di sussistenza. La Cina è già un figlio adulto generato proprio da questo amplesso…

Avv. Gianluca Teat

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