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Primo caso di ‘dolce morte’ a malato di Sla di Montebelluna

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ricoverato flebo VTREG

“Voglio dormire fino all’arrivo della morte, senza più soffrire”: e cosi’ e’ stato per Dino B., 70 anni, macellaio di Montebelluna da cinque malato di Sla che aveva espresso questa volontà ed è stato assecondato con la sedazione palliativa. Rispettando anche il suo rifiuto a qualsiasi trattamento, compresa la nutrizione artificiale.
L’uomo e’ morto ieri. Il suo, come riportano i giornali locali, è il primo caso di “sedazione profonda” somministrata ad un malato di Sla.

“Era una chiara richiesta di sedazione basata su un chiaro sintomo refrattario, dato da un’angoscia incoercibile anche con farmaci e trattamenti psicologici – spiegano gli infermieri di ‘Cura con Cura’, la società privata che dal 2015 si occupa dell’assistenza domiciliare del paziente – nonostante tutta l’umanità e la professionalità con cui è stato assistito nelle varie fasi della patologia”.

Dino sapeva che gli rimanevano pochi giorni di vita. “Mio marito era lucido – racconta la moglie – e ha fatto la sua scelta. Così dopo l’ultima grave crisi respiratoria è iniziato il suo cammino”.

La sera del 5 febbraio la Guardia medica ha aumentato il dosaggio del sedativo che già l’uomo prendeva per flebo e il giorno successivo la dottoressa dell’assistenza domiciliare ha iniziato a somministrare gli altri farmaci del protocollo. “Non ha mai chiesto di spegnere il respiratore, nonostante la legge lo consenta nei casi di sedazione profonda – riferisce l’infermiera – anzi, lo terrorizzava l’ipotesi di morire soffocato. Ha optato per una scelta in linea con la legge, la bioetica e la sua grande fede”.

Ieri quando la moglie lo ha rassicurato di aver fatto tutto quanto le aveva chiesto, Dino si è lasciato andare.

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