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La nuova squadra di Draghi tra annunci in TV e scontenti

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Mario Draghi ha varato la squadra col Colle, ed ha sentito, in molti casi, i leader solo all’ultimo.
La telefonata ufficiale ai leader di partito è arrivata poco prima della salita al Quirinale in questi casi.
Molti ministri apprendono di essere in squadra guardando la tv.
Mario Draghi compone una squadra ad alto tasso politico: ci sono i partiti, ci sono le correnti. Ma ci sono molti scontenti, a testimoniare che non c’è stata vera contrattazione.
L’unità nazionale del professore dà ampio spazio alla rappresentanza parlamentare ma vede tecnici di alto profilo in ruoli chiave soprattutto in chiave Recovery plan, da Daniele Franco a Roberto Cingolani.
La prospettiva appare di lunga durata: il premier tiene il polso del governo e, senza ‘cancellare’ la politica o il Parlamento, sceglie tra i politici molti ex ministri, per essere subito operativi.
Secondo alcuni, il pluralismo politico sarebbe un viatico anche per una eventuale futura elezione di Draghi alla presidenza della Repubblica. Ma in realtà la prima reazione alla lettura della lista fa trapelare malumori che

sembrano preannunciare tutte le difficoltà a mettere insieme le sensibilità della larga maggioranza.
Non solo, più di un partito lamenta deleghe poco ‘pesanti’.
Tra i delusi dall’esclusione si segnalano i ‘contiani’ e quei Cinque stelle che avevano combattuto Roberto Garofoli quando era al ministero dell’Economia e ora lo vedono approdare al ruolo chiave di sottosegretario alla presidenza del Consiglio.
Mentre dal centrodestra – si racconta di una telefonata a tratti tesa anche tra Silvio Berlusconi e Draghi – emerge il malcontento di chi vede nei nomi scelti per Fi e Lega un’impronta anti-sovranista, che guarda apertamente ai moderati e al Ppe.
E’ con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con cui i contatti sono costanti fin dall’assegnazione dell’incarico, che Draghi mette a punto la sua squadra.
Secondo alcune fonti, le telefonate tra l’ex capo della Bce e il presidente sono numerose, per tutta la giornata.
Marta Cartabia, ministro della Giustizia, è un nome proposto dal capo dello Stato al premier, che accetta il suggerimento di buon grado.
All’insegna della continuità, inoltre, Mattarella chiede la conferma dei ministri dell’Interno Luciana Lamorgese e della Difesa Lorenzo Guerini.
Il capo dello Stato si è poi impegnato insieme a Draghi, a quanto si apprende in ambienti del Quirinale, sulla formazione

dei ministeri che più appaiono una novità nell’esecutivo di Draghi: particolarmente complessa è infatti l’operazione di smembramento e accorpamento di competenze che porta alla nascita delle nuove deleghe alla Transizione ecologica e digitale.
Per il resto, assicurano dal Colle, è stato Draghi a comporre ‘l’incastro’ di deleghe e nomi.
Il premier incaricato torna a Roma dall’Umbria in mattinata e lavora fino all’ultimo in solitaria, tanto che quando Giuseppe Conte presiede alle 15 il suo ultimo Cdm, il volto di chi tra i suoi ministri aspira alla riconferma appare teso.
Si sondano tra loro. Verdetto: nessuno sa nulla. Conte, che in serata mentre Draghi è al Quirinale viene avvistato all’Ikea, avrebbe sentito il suo successore prima del Cdm per informarlo del decreto di proroga del blocco agli spostamenti tra le Regioni, potrebbe sapere qualcosa, ma anche lui non si sbottona.
A sera, quando si prospetta l’ipotesi di un rinvio, con le segreterie ancora “al buio”, iniziano a crescere nervosismi serpeggianti da giorni.
Solo all’ultimo (ma contatti riservati con gli ‘ambasciatori’ ci sarebbero stati nei giorni scorsi) arrivano le telefonate a Matteo Salvini, Nicola Zingaretti, Silvio Berlusconi, Matteo Renzi.
Ministri come Luigi Di Maio e Roberto Speranza avrebbero

avuto la certezza solo alla lettura della lista.
Nel Pd vengono rappresentate le tre grandi anime, ma Guerini, che guida la minoranza, entra in quota Colle.
Nella Lega forte la presenza di Giancarlo Giorgetti, anche con il fedelissimo Massimo Garavaglia.
Raccontano di una telefonata tesa in cui Berlusconi, pur confermando il sostegno convinto a Draghi, avrebbe espresso la preferenza per nomi, come Antonio Tajani e Annamaria Bernini, che rispecchierebbero più di altri la linea di Fi.
Dentro ci sono molti ministri dei governi Conte 1 e 2 ma fuori restano alcuni tra quelli considerati più vicini a Conte: Bonafede, Fraccaro, Gualtieri, Boccia.
Entra invece Vittorio Colao, che fu autore delle prime bozze di Recovery poi abbandonate.
Smentite le voci di un ingresso diretto del premier uscente, le anime pentastellate vengono tutte rappresentate al governo, anche se malumori trapelano per come si preannuncia la struttura del ministero della Transizione ecologica.
Secondo i Cinque stelle sarebbe stato Beppe Grillo a proporre il nome di Roberto Cingolani.
Da Iv – che avrebbbe chiesto fino all’ultimo l’Agricoltura per Bellanova ma ottenuto la famiglia per Bonetti – dicono invece che il ministro è vicino a Matteo Renzi, ospite in passato della Leopolda.
Dopo la lettura della lista Draghi non spende una parola in più. Risponde “crepi” dalla macchina a chi gli fa l’in bocca al lupo: oggi presiederà il primo Consiglio dei ministri.
In squadra ha molte figure di politici esperti, in grado




di mettere subito in moto la macchina ministeriale.
Al fianco ha tecnici in ruoli chiave come Daniele Franco all’Economia e Garofoli a Palazzo Chigi.
Non c’è un ministro agli Affari Ue.
Rendere coesa la squadra sarà il suo compito, consapevole di avere alcune grandi missioni ma che il percorso parlamentare, tra partiti così eterogenei, potrà essere accidentato.

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