Forse era una bambina quel corpicino straziato tra i rifiuti. E’ venuta al mondo, ma la luce non l’ha vista. Con il cordoncino ombelicale ancora visibile tagliato dal corpo della madre, è stata deposta dentro un sacchetto. E poi abbandonata, gettata via. A scoprire il suo povero corpo, un operaio della ditta Ecopatè, durante i controlli per la raccolta differenziata, che atterrito e sotto shock, ha chiesto aiuto.
I particolati sulle tecniche, il funzionamento dei macchinari automatici che macerano i rifiuti, li deponiamo e li affidiamo all’analisi dei Carabinieri della Compagnia di San Donà che si stanno occupando delle indagini insieme ai Militari di Mestre, ai Ris di Parma e ai Noe di Marghera, per rintracciare il luogo, la provenienza dell’abbandono, anche se l’accertamento presenta oggettive difficoltà.
L’azienda Ecopatè riceve immondizie da molte città del Veneto, dell’Emilia Romagna e del Friuli Venezia Giulia, risalire al ‘dove’ sarà compito degli investigatori. Per ora il corpicino della bambina è stato affidato al reparto di medicina legale dell’ospedale di San Donà: autopsia ed esame del DNA per tentare di comprendere la triste dinamica di quel che è successo.
Nebbia fitta e poi il buio solo al pensiero di questo tremendo abbandono, ogni ipotesi sembra fuori luogo, ogni giudizio inopportuno. Sale l’angoscia e la pietà per quella neonata che gli occhi non riescono a fissare, per una vicenda che ha visto mani adulte riporla tra i rifiuti.
Quel che è accaduto è troppo grande e amaro per essere degnamente raccontato, un enorme buco nero dove l’umanità ha ceduto il posto all’orrore, che nessuna lacrima a posteriori potrà lavare. Eppur si deve, si deve rivolgere lo sguardo verso chi ha potuto compiere un gesto tanto efferato e definitivo.
Non è compito della cronaca formulare ipotesi, ma dietro alla tragedia non sappiamo quel che si cela. Forse altre sciagure a cui dare respiro e parola, per restituire alla bambina il diritto di un nome.
Andreina Corso