Non sono solo i passi degli innumerevoli turisti, con valigie a rotelle a calpestare ogni centimetro dei masegni, di ponti, delle calli e dei campi della città, che insieme a Piazza San Marco e a tutta l’Area Marciana offrono un’eutanasia involontaria alle logiche di una città tanto amata quanto sfruttata, tanto ammirata, quanto sofferta dai suoi stessi residenti.
Ora c’è un Comitato che si preoccupa del corpo interno della città, dei suoi rii, dei canali, delle arcate dei ponti, anch’essi feriti da una transito di navigazione improprio, barche troppo grandi, che non cedono davanti alle misure impossibili da attraversare e che fanno una dura lotta con l’acqua per passare, barche da lavoro che decidono passare a tutti i costi, anche se a rimetterci c’è un pezzo di muro, che una volta centrato, cade in canale, lasciando solo l’orma.
Finalmente, si dirà, il Gazzettino da anni formula domande e chiede risposte su questo traffico sommerso che rivela una Venezia che non si vede, vittima della mano dell’uomo, che attracca la barca dove può, mancano le “scione”, gli anelli, cosi la corda può legarsi ad un palo quando c’è, o ad un muretto, ad una ringhiera in bella mostra ad aspettare solo lui.
Il comitato “N’altro colpo e el ponte va zo”, si sta dando da fare, rimanda in facebook le foto di barche che spingono le arcate dei ponti per poter passare (come è successo sul canale del ponte dei Bareteri a San Marco) e l’archivio crescerà di giorno in giorno con la finalità di informare e di proteggere Venezia dai “colpi bassi”, quelli che spesso non arrivano all’occhio, ma che nel tempo mostrano tutto il loro abbandono e degrado.
I partecipanti al Comitato sono cittadini, gondolieri, tassisti, lavoratori Actv che hanno a cuore la città tutta nella sua visibilità e invisibilità, e ci tengono ad informare il mondo fornendo gli strumenti conoscitivi per capire e rimediare.
Andreina Corso