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Musei civici chiusi a Venezia, insorge l’unione sindacale di base

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Musei Civici di Venezia chiusi fino ad aprile 2021, insorge il sindacato Usb (Unione Sindacale di Base). «Preoccupa e stupisce la scelta. Preoccupano gli oltre 500 lavoratori (tra personale interno ed esternalizzato) delle varie attività dei 12 musei, e preoccupano le loro famiglie, escluse dalla logica della solidarietà nella pandemia che stiamo vivendo – ha affermato il sindacato – anche in mancanza di prospettive per una ripresa senza turisti».

Nell’ultimo tavolo, qualche giorno fa, la dirigenza ha reso nota alle parti sociali la decisione di non voler ripartire a gennaio, seguendo il governo. Il sindaco Brugnaro ha rivendicato la scelta nella conferenza di fine anno, assumendosene la responsabilità, allo scopo di «salvaguardare la capacità di tenuta della Fondazione che, non appena ci saranno le condizioni, sarà pronta a rimettere in campo tutte le potenzialità», cosa che ora non potrebbe fare, secondo il primo cittadino, vista la frequentazione azzerata dalla pandemia del centro storico della città lagunare.

Il personale, centinaia di addetti

Al cento per cento il personale della Fondazione Musei civici di Venezia rimarrà in cassa integrazione. Lo è dalla scorsa primavera, due mesi dopo circa l’inizio dell’emergenza di marzo. I musei furono tra gli ultimi servizi pubblici a chiudere i battenti in città. E saranno, a quanto pare, tra gli ultimi a riaprire, mentre l’estate scorsa sono avvenute delle parziali ripartenze con metà degli addetti in presenza a rotazione.

Tra i dipendenti però, spiega il sindacato, «non solo rimarranno in cassa integrazione i settori della guardiania, del pulimento, delle caffetterie, dei bookshoop, delle biblioteche, già colpiti duramente dal primo prolungato lockdown e poi comunque danneggiati dalle successive aperture soltanto parziali. Resterà coperto solo dall’ammortizzatore anche il personale interno della Fondazione che si occupa del mantenimento delle opere di proprietà della città e dei suoi cittadini; anche loro a casa, togliendo per tre mesi l’ultimo fiato rimasto ai Musei Civici».

Il contributo dello Stato

Si tratta, per il sindacato, di «operatori esternalizzati che osservano una deriva preoccupante in materia salariale e di diritti: perdita di una reale clausola sociale a tutela del posto di lavoro a ogni cambio di appalto, venir meno dell’anzianità di servizio e dei relativi livelli salariali; perdita di potere economico e senza poter scioperare, trattandosi di servizio pubblico essenziale, che però ora viene tolto del tutto».

La decisione è anche arrivata dopo le sedute in Commissione consiliare Cultura del Comune, dei mesi scorsi, dove la dirigenza ha dichiarato di essere pronta ad aprire in virtù dei contributi ricevuti dallo Stato. «Il disegno dello Stato era quello di versare un contributo per aiutare i musei a rimanere chiusi? Se non si volesse far ripartire i musei, perché non mettere allora i milioni di riserva accumulati a disposizione dei lavoratori, per integrare al 100% un Fis (Fondo di integrazione salariale) e una cassa integrazione che, dopo mesi, non bastano più?», ha continuato Usb.

L’appello al sindaco

«Eppure – ha concluso – le potenzialità sarebbero enormi, senz’altro maggiori di molte altre realtà museali: hanno prodotto ottime e fruttuose iniziative. La città ora chiede coraggio e inventiva – hanno affermato – e una politica culturale che coinvolga anche i lavoratori e i cittadini quali parti attive». Hanno poi chiesto al sindaco di tornare suoi suoi passi, riguardo al prolungamento della chiusura. «Signor sindaco, le chiediamo un segno in questo senso, anche fosse il coraggio della retromarcia. Ci rivolgiamo a lei, ribadendo la necessità di un incontro. Vogliamo tornare a lavorare non appena le autorità sanitarie consiglieranno al governo che i musei e le attività culturali potranno essere riaperti».

Antonella Gasparini

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