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Draghi tra due fuochi: terza ondata contro pressing per riaperture

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Mario Draghi tra due fuochi: da una parte la consapevolezza che sta crescendo la variante inglese, dall’altra è sotto pressing per le riaperture.
Le varianti spingono la diffusione del Covid: oltre il 30% delle infezioni in Italia è dovuto a quella inglese e a metà marzo sarà predominante in tutto il Paese, hanno detto gli esperti di Iss e Cts al premier Mario Draghi.
La temuta terza ondata si sta materializzando in zone diverse.
Allarme alto, in particolare, nella provincia di Brescia, che diventa così zona “arancione rafforzata”, al pari di 14 comuni dell’Emilia Romagna.
Crescono poi le zone rosse in diversi territori mentre nelle ultime 24 ore si registrano altri 356 morti, ben 82 più di ieri, mentre i pazienti ricoverati in terapia intensiva aumentano di 28.
Mario Draghi per questo ha riunito ieri sera ministri ed esperti.
“Aperturisti” e “rigoristi” sono i due fronti che si confrontano e tra cui si cerca di trovare un equilibrio.
Il nuovo provvedimento

dovrà sostituire il dpcm firmato da Giuseppe Conte in scadenza il 5 marzo e l’idea sarebbe quella di coinvolgere maggiormente il Parlamento: la strada del decreto sarebbe la più probabile.
Un provvedimento da varare nei prossimi giorni, non prima comunque del monitoraggio di venerdì prossimo.
Il leader della Lega Matteo Salvini, da parte sua, insiste a chiedere le riaperture, ma il ministro della Salute Speranza e gli esperti del Cts frenano, segnalando il rischio contagi, specie alla luce delle nuove varianti. “Abbiamo rappresentato al presidente del Consiglio i dati e i numeri, noi siamo prudenti, ma non abbiamo descritto una situazione di catastrofe imminente”, ha detto Agostino Miozzo, coordinatore del Cts, al termine della riunione. “Non abbiamo parlato di riaperture, se ne parlerà in un’altra occasione”, ha aggiunto, anche se è noto che gli esperti sono stati finora contrari al semaforo verde a impianti da sci, cinema e palestre.
Il nuovo monitoraggio è previsto venerdì, “poi vedremo”, ha aggiunto, anche se lo scenario di una zona arancione nazionale, ventilata da qualcuno, sembra tuttavia restare al momento solo un’ipotesi.
Il presidente della Lombardia Attilio Fontana ha intanto firmato un’ordinanza per istituire nella provincia di Brescia e in alcuni comuni della Bergamasca e della provincia di Cremona una zona arancione rafforzata.
“Una zona che preveda, oltre alle normali misure della zona arancione, anche la chiusura delle scuole d’infanzia, elementari e medie, il divieto di recarsi nelle seconde case, l’utilizzo dello smart working dove possibile e la chiusura della attività in presenza”.
Guido Bertolaso su Brescia ha detto: “siamo di fronte alla terza ondata

della pandemia e va aggredita immediatamente”.
Zona arancione scuro da giovedì anche per 14 comuni dell’Emilia Romagna e zona rossa, invece, per Torrice, nel frusinate, San Cipirello e San Giuseppe Jato (Palermo).
La variante inglese è quella che preoccupa di più, ma l’altra variante a dare pensiero è quella brasiliana: un caso è stato scoperto in una scuola a Roma.
Il virus riprende anche a mordere in Veneto, dove si registra una crescita di contagi e ricoveri.
Così come in Abruzzo, dove i ricoverati in intensiva toccano la quota record di 78.
L’alta incidenza del Covid non arresta però le richieste di far ripartire le attività.
Matteo Salvini, che ha visto per mezz’ora il premier Draghi, insiste su questo.
“Abbiamo parlato di riaperture. Se c’è un problema a Brescia – ha spiegato – intervieni in quella provincia, non è che fai il lockdown nazionale da Bolzano a Catania. Dunque chiusure mirate e un ritorno alla vita. Se si può pranzare tranquilli, allora si può cenare tranquilli. Se i ristoranti sono sicuri a pranzo allora lo sono anche a cena. E la riapertura di teatri, cinema, realtà sportive, palestre e piscine è un ritorno alla normalità”.
Il presidente dell’Emilia Romagna e della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, definisce “ragionevole” la richiesta di Salvini con l’obiettivo di “dare ossigeno a qualche attività”.
Voglia di riapertura

è stata espressa da diversi ministri, di vari partiti, anche dal dem Franceschini, con Gelmini ad auspicare il sostegno con adeguati ristori per le attività che dovessero rimanere chiuse.
Sul tavolo del Governo sono ben presenti le richieste dei tanti settori in sofferenza, così come i dati dei contagi e dei vaccini (ancora a rilento, ne sono stati somministrati 3,6 milioni). Domani Speranza farà comunicazioni in aula alla Camera sulle nuove misure per il contrasto della pandemia.
Si mira a definire il nuovo provvedimento cercando un punto di caduta non facile tra le diverse posizioni dei partiti che sostengono Draghi.
Tenendo sempre presente l’andamento della pandemia ed il parere degli esperti. Sarà il premier a fare la sintesi.

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