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Laguna Reset, il processo a 42 per vongole con false certificazioni

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vongole caparozoli
Lavoravano di notte e mettevano in atto il loro piano criminale, assemblando vongole pescate abusivamente, che poi vendevano a ristoranti della zona del Cavallino Treporti, come prodotto garantito e provvisto di certificazione sanitaria.

Tutto falso, invece e il processo che si sta svolgendo nell’aula bunker a Mestre, nei confronti di 42 imputati, denominato ironicamente Laguna Reset, riguarda anche alcune ditte che si sarebbero prestate a una truffa di gravità inaudita, se si pensa alle conseguenze, ai danni sulla salute, per chi ignaro, si era fidato del ristorante (anch’esso ignaro) e delle garanzie assicurate.

Le deposizioni di alcuni testimoni dell’accusa rappresentata dal pm Giorgio Gava che ha coordinato le indagini dell’inchiesta, raccontano di episodi che risalgono a dieci anni fa, che si rivelano davvero inquietanti.

Le vongole, sempre a notte alta, venivano portate dentro un’abitazione che si affaccia su un canale, non dovevano nemmeno scendere dalla barca, sbaraccavano i sacchi in quel punto di raccolta sicuro, le vongole si trasformavano in prodotti presentabili, con un maquillage ben costruito, venivano munite di false etichette e certificazioni e voilà il gioco era concluso.

Il collegio del Tribunale presieduto da Stefano Manduzio, dovrà valutare le testimonianze e le circostanze, indagare su chi ha collaborato e saranno i carabinieri a documentare l’irregolarità di tante procedure, le prove che hanno portato a processo questa attività fraudolenta, le complicità di chi trasportava le vongole sui mezzi di trasporto, impacchettate e pronte per la vendita.

A incrementare questo commercio illecito è stato anche il prezzo, il costo molto basso, anche trenta centesimi al chilo (ma chi le acquistava si è fatto qualche domanda? ndr), fatto messo in rilievo dalla Guardia di Finanza, che ha rivelato altre informazioni utili al processo.

Nel corso dell’udienza sono emerse altre modalità di raccolta che avvenivano con gabbie metalliche o pompe, adeguate all’altezza della marea e spesso lo scarico dei molluschi avveniva in casoni adeguatamente organizzati e diventavano magazzini e depositi per le vongole che poi partivano all’indirizzo di ditte ittiche che poi le rivendevano all’ingrosso in tutta Italia.

Per comunicare tra loro, questi appartenenti a Laguna Reset usavano cellulari di mogli o fidanzate, per meglio riuscire a farla franca e aumentare il profitto di quest’ odiosa attività, che ha mortificato e offeso un mestiere antico e onorato, come quello del pescatore.

Andreina Corso

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