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La premier Giorgia Meloni, le sue intenzioni e il caleidoscopio dei bisogni.

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Come non rallegrarsi di una presenza femminile al vertice di Palazzo Chigi? Come non riconoscere nella sua persona forza, volontà, capacità politica di fare, organizzare, in un ruolo così importante e gradito dalle elettrici e dagli elettori che l’hanno votata? E come non guardare con sana curiosità a quella compattezza che la destra centro ha saputo tessere per poi emergere?

Le saranno certamente tremato i polsi al cospetto di un impegno tanto forte, impegno che dovrà attraversare bisogni e problemi che vanno dalla guerra all’Europa, dall’economia ai diritti civili, dal lavoro alla sanità, dalla disoccupazione alla povertà. . . e il tanto altro che conosciamo e che ci riguarda.
Come non comprendere l’ansia che provoca il dover affrontare cotanta complessità, impresa meritevole di comprensione e solidarietà da parte di tutti.

La persona Giorgia Meloni, la sua militanza politica, la sua forza, il suo orgoglio, la difesa della Nazione, della Patria, il riferimento al Risorgimento piuttosto che alla Resistenza: i suoi valori detti, le sue aspirazioni, ripetuti e ribaditi tante volte, come “la certezza della pena”, in tema giudiziario, con l’annuncio di un nuovo piano di costruzione di carceri, in dissonanza con quanto dichiarato dal Ministro Carlo Nordio che ritiene (laddove sia possibile e ragionevole) che la pena possa non essere solo il carcere.

I settantuno suicidi? Il sovraffollamento, la sofferenza dei detenuti? Il leghista, Jacopo Morrone, è d’accordo con la premier sul fatto che “il sovraffollamento dei penitenziari non si può risolvere puntando solo sulla riduzione del numero dei detenuti, giacché si rischierebbe un affievolimento della repressione” . “Certo, è una vergogna”, dice Meloni, “ma è una vergogna anche sapere le condizioni di lavoro delle guardie carcerarie”, (giusto NDR). Non dedica una parola al perché di quei suicidi. Forse non sa, non è a conoscenza di quel mondo e dei suoi patimenti. Nel senso che non li vede, non ci sono nella sua mente. Certo, con tutti i problemi fra guerra, economia, energia, è “in tutt’altre faccende affaccendata”, probabilmente non ci sta nella memoria delle cose da fare, quel mondo che non vede, anche se non manca un’informazione responsabile sulle condizioni precarie e umilianti delle carceri italiane, che di certo non aiutano una persona a migliorarsi, a riabilitarsi, come auspicherebbe la Costituzione.

Non si chiede perché dei ragazzi tossicodipendenti debbano scontare la pena in carcere, anziché essere aiutati con cure farmaceutiche e psicologiche e perché no, con un pizzico di amore e comprensione per le loro debolezze e per incoraggiare un cambiamento di vita. Non sa, forse, di quelle persone che soffrono di problemi psichiatrici che dovrebbero essere affrontati ben diversamente e che il Covid ha fortemente indebolito.

Nessuna parola per il mondo degli anziani, anche se in verità è in buona compagnia. I vecchi che vanno a morire nelle case di riposo, le, ci, importano? Nel cosiddetto cambiamento, che fine fanno i senzatetto, i poveri. I diritti vanno curati, promossi giorno dopo giorno, ma quelli negati sono troppi.

Non una parola su quei disgraziati fermi in mezzo al mare: come il suo collega della Lega, insiste, entra solo chi ha il permesso, come se chi fugge dalle guerre potesse rispondere alle esigenze impossibili approntate nella legge Bossi – Fini: si viene accolti solo se qualcuno vi ha assunto, vi ha garantito un lavoro. Se non facesse così male, verrebbe da ridere. Sì sempre in merito all’immigrazione, nessuna parola sui centri di “accoglienza” in Libia, dove si stuprano le donne, si picchiano e maltrattano “gli ospiti”.

A volte i silenzi dicono di più delle parole, ciò che non si nomina, evidentemente non c’è. Meloni alterna con maestria i punti esclamativi a silenzi suggestivi: quando riprende la parola e parla di sé, della sua vita, delle sue difficoltà, delle sue battaglie, convince. Il caleidoscopio che le mostra i mille colori vaganti in sospeso, la riporta al ‘fare, rivendicare, insistere’ con spirito di rivalsa, su ciò che lei e i partiti alleati hanno in mente di inaugurare.

È sincera e convinta, lo si avverte, quando ribadisce che l’articolo determinativo ‘la’, davanti a presidente, non le interessa, preferisce il maschile ‘il’, evidenziando che alcuni luoghi del corpo e della mente che indicano la trasformazione, l’evoluzione della società, e della politica delle donne impegnate a comunicare il loro punto di vista sul mondo, non li ha frequentati. E non sono luoghi scolastici o accademici ma luoghi che danno importanza alla parola e hanno scoperto di momento in momento, di anno in anno che il linguaggio è un luogo, è corpo e anime. E che per troppo tempo, e ancora oggi, è declinato al maschile.

Ha rimediato il Dizionario Treccani (già nel 1987 Alma Sabatini, studiosa impegnata nei diritti civili , in un suo saggio aveva raccomandato il rispetto della parola al femminile), che ha analizzato le regole precostituite esistenti che perimetrano la nostra lingua e, con essa, la nostra capacità di pensiero. Perché è chiaro che attraverso il linguaggio noi pensiamo, immaginiamo, comunichiamo e creiamo, oggi più che mai. Ed è altrettanto chiaro che questo cambiamento non “modifica la realtà” ma aggiusta la rappresentazione della norma perché sia più corretta per il mondo contemporaneo” (fonte Sole 24 ore). E che a farlo sono esattamente gli esperti preposti a questo: non una scuola media, non un gruppo di femministe, non un opinionista su un giornale, ma la Treccani, che dal 1925 è un punto di riferimento indiscusso per la conoscenza in Italia e ha scelto di introdurre la distinzione e quindi la parità di genere. Un concetto quest’ultimo, che investe anche l’idea di famiglia, di coppia nelle sue molteplici specificità.

La pace, parola non pronunciata negli interventi della presidente Giorgia Meloni, non può che nascere dalla giustizia, da una società di uomini e donne coesi e dal riconoscimento delle sofferenze, di tutte le sofferenze che mostrandosi o nascondendosi lanciano il loro grido di aiuto, anche se la voce esce a fatica, senza punti esclamativi.

Andreina Corso

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3 persone hanno commentato. La discussione è aperta...

    • Tutto molto bello,ma chi ha votato il meloni ti dirà che i tossici devono morire,che il carcerato deve morire,che il vecchio deve morire,che i poveri devono morire, che dei disgraziati è giusto che muoiano, e chi ha votato il meloni e compagnia cantante è attualmente la maggioranza dei votanti. Pensare di sensibilizzare e far riflettere le persone in questa maniera è inutile. Le nostre coscienze non vibrano all’unisono e la campana che le farà vibrare deve ancora suonare

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