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Italia vince Europei: dopo 53 anni la coppa parla italiano

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11 luglio 2021, manca una manciata di secondi a mezzanotte.
Il calcio carica la pallottola della roulette russa dei rigori.
Ancora? Ancora!
Gira il tamburo. Si inizia.
Berardi: gol.
Kane: gol.
Belotti: parato. In bocca il sapore amaro della beffa. Non è detto.
Maguire: gol.
Bonucci: gol.
Rashford: palo!
Bernardeschi: gol.
Sancho: parato! Ce la possiamo fare!
Jorginho: parato! Ma non è possibile…
Saka prepara la palla. Non guarda Gigio, ha paura di lui. Il nostro portierone non salta sulla linea non fa l’elica con le braccia, resta immobile. Fissa l’inglese, gli occhi gli stanno dicendo: “Io non ho paura”.
Il replay mostra Donnarumma non chiudere mai gli occhi: il suo sguardo è un mirino laser che ha agganciato l’obiettivo. Segue la palla con lo sguardo senza mai sbattere le palpebre finché le sue manone sembrano addirittura voler bloccare il pallone stendendosi sulla sua sinistra.
Parato!

 

Esplode la gioia incontenibile in campo e nelle piazze italiane.
Fuochi d’artificio e caroselli di auto: esplodono le strade dopo l’ultimo rigore.
I fortunati che hanno potuto assistere sui  maxi schermi si abbracciano, cori, urla, clacson, trombette e fuochi d’artificio.
I primi caroselli di auto sono partiti subito dopo l’ultimo rigore e si spera che i festeggiamenti si svolgano in modo responsabile, seguendo gli appelli che anche domenica si sono rinnovati.
Nel Paese c’è chi ha tifato la Nazionale lontano dalle strade, sventolando il tricolori dai balconi e al riparo dai rischi del Covid e chi – al contrario – ha sfidato virus e assembramenti sognando la coppa europea davanti ai mega proiettori in luoghi pubblici all’aperto, sui lidi, nei bar, spesso sotto lo sguardo delle forze dell’ordine.
In tutto il Paese sono stati rafforzati controlli per scongiurare il rischio di maxi assembramenti.
Stabilimenti, chioschi e ristoranti hanno richiamato da Nord a Sud chi non ha voluto rinunciare ad assistere a questi 90 minuti cancellando i problemi della pandemia.
Ma gli appelli alla responsabilità, come detto, sono stati ripetuti come un mantra.
L’invito è stato quello di festeggiare usando la mascherina, dispositivo che però nessuno sembra usare.

 

 

Roma è letteralmente impazzita nelle fan zone dedicate ai supporter, già collaudate in occasione della semifinale vinta dalla Nazionale contro la Spagna.
La gioia dei tifosi è esplosa in particolare a piazza del Popolo – tra le più grandi aree allestite in Europa per questo tipo di evento – accessibile solo tramite prenotazione, con una capienza massima consentita di 2.500 posti.
Altri mille in estasi ai Fori Imperiali. Il rischio di eccessi da parte dei tifosi, soprattutto nel dopopartita, ha spinto nella Capitale al transennamento di alcuni monumenti in centro storico, come in zona Campo de’ Fiori, piazza di Spagna e Fontana di Trevi.
A Napoli fuochi d’artificio, botti e caroselli d’auto come a Capodanno: le ‘batterie’ sono state fatte esplodere in diversi quartieri della città ed anche sul lungomare. In giro auto con le bandiere dell’Italia fuori dai finestrini.
In molte città la prudenza e la paura di assembramenti ha suggerito di non installare i maxi-schermi, come inizialmente previsto. Ad esempio a Milano nessuna proiezione in piazza proprio per evitare i rischi di contagio, ma i festeggiamenti sono stati rumorosi nelle aree di ritrovo, come l’Arena Milano Est, in zona Lambrate e il giardino della Triennale. Stessa scene anche a Venezia, dove la gente all’interno dei plateatici ha cominciato ad abbracciarsi fraternamente.
Pochi minuti dopo il centro di Mestre ha visto caroselli di auto, sentito clacson e visto bandiere sventolate dai finestrini.

Padova, Trieste, Palermo, Cagliari, Sassari e altrove, ma in generale non c’è stata città in cui i tifosi non siano scesi in piazza o a cantare fuori dai balconi, proprio come nelle scene del lockdown che ora sembrano quasi dimenticate.
Sembra una rivincita, come se la pandemia fosse stato un attacco all’Italia che ieri è stato vendicato. Una sorta di risarcimento che gli italiani sentivano come “dovuto”.

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