Daniela Poggiali ha esultato quando la Corte di assise di
appello ha letto la sentenza che l’ha assolta dall’accusa di
omicidio.
“Sì! Sì!”, ha gridato l’ex
infermiera dell’ospedale di Lugo, prima che la polizia
penitenziaria si frapponesse tra lei e i giornalisti e la
portasse fuori dalla piccola aula del palazzo di giustizia, in
direzione del carcere di Bologna, anticamera alla libertà
disposta contestualmente alla sentenza che ha cancellato
l’ergastolo.
“Mi hanno dipinto per quello che non sono, e adesso
mi riprendo in mano la mia vita”, le sue prime parole all’uscita
dell’istituto penitenziario. “Voglio riprendere la mia vita
normale e tranquilla, mamma mia che fatica!”, ha aggiunto, prima
di salire in macchina verso la libertà che le mancava da ottobre
2014.
Ad attenderla c’era Luigi Conficconi, l’ex fidanzato. “La
Daniela ha detto che stasera vuole mangiare un gelato”, aveva
spiegato poco prima. In aula era scoppiato in lacrime prima
ancora che i giudici leggessero il dispositivo. Hanno pianto
anche le due sorelle dell’imputata, Claudia e Barbara: “Siamo
contente di questo risultato – hanno detto poi – perché
finalmente è stata fatta giustizia, anche se quello che è stato
tolto a Daniela non le sarà restituito”.
“Questi ribaltamenti processuali ripetuti sono espressione
del fatto che in questa fase storica nella giurisprudenza
italiana convivono espressioni culturali diverse”, è il commento
dell’avvocato Lorenzo Valgimigli, entrato nella difesa Poggiali
nel processo di secondo grado, affiancando l’altro legale,
Stefano Della Valle, che ha parlato di “sentenza importante per
il presupposto giuridico forte per il contesto scientifico nel
quale è maturata la decisione dei giudici”.
La figlia di Rosa Calderoni, la 78enne morta a Lugo l’8
aprile 2014, è “profondamente addolorata, perché non avrà mai
certezza di quello che è successo alla sua mamma”, spiega
l’avvocato di parte civile, Maria Grazia Russo. “Ha assistito ad
un processo di primo grado in cui sono state dette certe cose e
ad un processo in secondo grado in cui tre medici hanno messo
dei dubbi su circostanze fondamentali, ma questo non significa
avere certezze”, ha detto il legale, secondo cui “evidentemente
l’attività istruttoria fatta dalla Corte di assise di appello ha
spostato l’ago della bilancia quantomeno per la causa della
morte”.
L’assoluzione di Poggiali, rischia ora di cambiare il destino
di un altro processo, quello che coinvolge Giuseppe Re, l’ex
primario di Medicina Interna dell’ospedale di Lugo, imputato per
non aver dolosamente impedito un evento, cioè l’omicidio
volontario addebitato a Poggiali. “Oggi si sono poste le
condizioni per evitare un clamoroso errore giudiziario”, ha
detto il suo difensore, l’avvocato Guido Magnisi.
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