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In carcere da innocente per colpa di una parola

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L'assassino di Gianpaolo Granzo doveva fare 18 anni. Oggi è già fuori
Quando una parola non capìta può rovinare una vita umana, ci si accorge di quante assurdità è complice la parola stessa.

Quante volte ci avrà pensato Angelo Massaro alla pronuncia di quella parola intercettata “muers” in dialetto pugliese, durante una conversazione telefonica con la moglie, scambiata per “muert”, cinque lettere dell’alfabeto che sono bastate a far trascorrere in prigione ventun anni di vita a un uomo innocente.

Massaro, originario di Fregnano in provincia di Taranto, nel 1995 è stato accusato di aver ucciso l’amico Lorenzo Fersurella, pare, per voce di un pentito, che ci fossero tra i due problemi legati alla tossicodipendenza. “Allora” aveva 29 anni ed era padre di un bambino di un mese e mezzo. Oggi ha cinquantadue anni e l’ultimo processo celebrato a Catanzaro, gli ha riconosciuto l’innocenza.

Può una parola rovinare una vita? Ventuno anni dopo essere finito in cella, Angelo Massaro, ha visto riconosciuta la propria innocenza: non ha ucciso lui il suo amico Lorenzo Fersurella, ammazzato il 22 ottobre 1995. Massaro ha dovuto però affrontare un tempo infinito di rabbia e solitudine e un processo di revisione a Catanzaro per sentirsi dire di non aver mai impugnato quell’arma. Per ricevere giustizia.

Quasi la metà della sua vita l’ha passata dietro le sbarre per una consonante: gli investigatori che l’hanno intercettato hanno interpretato male una parola in dialetto. “Muert”, che in pugliese vuol dire morto, al posto di “muers”, che significa, invece, oggetto ingombrante, in questo caso uno slittino da neve.

Una lettera sola ha stravolto la vita di un ragazzo che all’epoca aveva solo ventinove anni, una moglie e un bimbo appena nato. Angelo Massaro non trasportava un morto, ma un oggetto ingombrante, così ha sancito ora la legge. Rimane misterioso il motivo per il quale questo enigma non sia potuto risolvere, accertare in precedenza, in sede di processo.

Se è pur vero, che tutti possiamo sbagliare, quindi anche i giudici, come ha affermato il difensore di Massaro, l’avvocato Salvatore Maggio, “resta l’amarezza che la giustizia ha fallito il suo compito, non ha accertato la verità”. Un uomo è rimasto in carcere 21anni, soffrendo in galera lontano dalla famiglia, non vede crescere suo figlio e ora grazie a questa sentenza sappiamo, pur tardivamente la verità”.

L’avvocato Maggio cinque anni fa ha chiesto e ottenuto la revisione del processo, che la Corte d’Appello di Potenza in un primo momento gli aveva negato, per poi acconsentire demandandolo in Cassazione a Catanzaro. In questa circostanza è stato dimostrato che Massaro il giorno dell’omicidio non si trovava a Fragagnano, luogo in cui Lorenzo Fersurella fu ucciso, bensì a Manduria, al Sert. A sostegno della tesi dell’innocenza esistevano anche precise testimonianze.

Purtroppo impunito rimane l’esecutore del delitto, colui che ha crivellato di colpi un uomo la cui famiglia ora rivendica più che mai giustizia, vuole sapere chi ha ammazzato Lorenzo, lo pretende con disperazione e forza.

Andreina Corso

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