HIV contratto all’Università, mentre si maneggiano provette e si eseguono test che dovrebbero essere praticati in assoluta sicurezza.
La storia, terribilmente vera quanto inconsueta, riguarda una studentessa che per motivi di studio e di tesi ha “manipolato” alcuni ‘pezzi’ di virus Hiv.
Tutto inizia, secondo la denuncia, mentre la ragazza prepara la tesi di laurea nel laboratorio di un’università straniera: pochi mesi dopo scopre di aver contratto il virus.
La vittima è un’ex studentessa, poi laureatasi in un’Università del Veneto.
Ora – riporta il sito del ‘Corriere’ – ha fatto causa a entrambi gli atenei, quello italiano di partenza e quello ospitante, chiedendo al Tribunale di Padova (competente per l’ateneo italiano) un risarcimento milionario.
La malattia, ha raccontato lei stessa, le ha distrutto la vita. Ora la donna, assistita dall’avvocato Antonio Serpetti, del foro di Milano, si è sostanzialmente costruita una vita “parallela”, nascondendo la sua condizione alla maggior parte delle persone con cui entra in contatto.
Stando alla sequenza genetica della perizia di parte, il virus che l’ha colpita non circola tra la popolazione, ma corrisponde a quelli costruiti in laboratorio, quindi, secondo l’accusa, non ci sarebbero dubbi sull’origine del contagio.
La vicenda giudiziaria è nelle fasi preliminari, anche se i giudici hanno già fissato la prima udienza; per l’avvocato Serpetti l’Hiv da laboratorio “è curabile ma con più difficoltà, perché i farmaci disponibili sono stati sviluppati sui virus circolanti”.
(foto di archivio)