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Guardians di San Marco, un lavoro difficile, a volte impossibile

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Difficile compito giornaliero quello dei Guardiani di San Marco, che per ore e ore cercano di arginare i comportamenti inadeguati alla bellezza e alla vulnerabilità di Venezia. Sono giovani volontari gentili e cercano di essere persuasivi con i tanti-troppi turisti, che per qualche ragione che sfugge alla ragione stessa, si sentono autorizzati a vivere in libero arbitrio la città, a bivaccare nell’area marciana, nel perimetro della Basilica di San Marco, alle porte di Ca’ Farsetti, la Casa comunale oggi abitata da persistenti preoccupazioni per lo stato di cose che continua a rivelare una deriva culturale ed umana inarrestabile.

C’è chi nuota nei canali, pensando di essere in spiaggia (anche i veneziani negli anni ’50 nuotavano negli stessi canali, ma “allora” l’acqua non era inquinata e persino si mangiava il pesce pescato in laguna ); c’è chi si stende sui gradini dei ponti, chi dorme sulle panchine dei giardini…
Eppure è la bellezza e in fondo la grande differenza da tutte le altre città, a portare il turista a Venezia: spesso arriva e non capisce, è colto di sorpresa dalla sua forma urbana, dallo scorrere dell’acqua, dalla mancanza di automobili, se è ricco, conosce le porte dei grandi alberghi, se è giovane sceglie su internet la sua dimora, se è povero, arriva e si arrangia. Se appartiene al turismo mordi e fuggi, talvolta risulta meno educato degli altri, meno consapevole, ha fretta, vuole assaporare tutto, spesso si porta dietro la famiglia, i carrozzini, il cane, si sente giustamente in diritto di godersela questa Venezia, che come già aveva presagito Carlo Goldoni, tutti devono poter visitare, in quanto unica e insostituibile.

Come armonizzare tutte queste esigenze? I guardiani spiegano e raccomandano instancabilmente in tutte le lingue le regole da rispettare, qualcuno si secca, risponde in malo modo, altri ascoltano e accettano i consigli. Si coglie una moltitudine di sensazioni: gli anziani e i bambini si mostrano stanchi, sfiniti nella fatica di camminare e salire e scendere i ponti, si siedono dove possono (i Guardiani hanno il tatto di lasciar correre in questi casi), altri rivelano la delusione di essere stati svegliati dal sogno di vivere Venezia, sembrano inconsapevoli e meravigliati se vengono ripresi perché mangiano un panino seduti a terra. Gioiscono i piccioni e gli uccellini che aspettano ghiotti qualche briciola abbandonata.

Ecco che da Ca’ Farsetti si stanno studiando sanzioni e ulteriori cartelli informativi, dall’Università e dalle Fondazioni culturali nasce l’esigenza di progettare qualcosa di diverso dal preminente impulso turistico: potrebbe essere a carattere informativo, scientifico, o attività legate all’acqua, che potrebbero attirare i visitatori in inverno e in zone diverse da San Marco.

C’è chi si orienta verso il numero chiuso in estate, chi invece preferirebbe flussi ragionati con offerte turistiche coordinate e consapevoli che l’emergenza si supera solo se tutti i soggetti che operano a Venezia, che vivono la città, che delle attività della città vivono, sapranno orientare la bussola della ragionevolezza e proporre opzioni capaci di superare la disarmonia, che oggi la città con i suoi pochi (56mila) residenti, vive e subisce.

Andreina Corso | 24/08/2016 | (Photo d’archive) | [cod sanma]

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