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Giorgio Orsoni ‘Non volevo ma consigliato a patteggiare da Procura’

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Giorgio Orsoni 'Non volevo ma consigliato a patteggiare da Procura'

Innocente, tradito dalla politica e convinto al patteggiamento, poi fallito, dalla Procura di Venezia: così Giorgio Orsoni ha fatto la sintesi della sua vicenda politico-giudiziaria legata all’inchiesta Mose.

L’ex sindaco di Venezia è indagato con l’accusa di finanziamento illecito dei partiti e oggi ha reso dichiarazioni spontanee nel corso dell’udienza preliminare davanti al Gup Andrea Odoardo
Comez.

Giorgio Orsoni con le sue parole ha però fatto aprire un fronte polemico con la procura, che di fatto ha dato una versione diversa dalla ricostruzione fornita dall’ex sindaco riguardo al possibile patteggiamento.

Orsoni, per l’accusa, avrebbe ricevuto 550mila euro per la propria campagna elettorale del 2010 dal Consorzio Venezia Nuova (Cvn), al tempo retto da Giovanni Mazzacurati, suo grande accusatore.

“Avevo chiesto il patteggiamento – ha detto Orsoni – non perché ho ammesso i fatti ma per il bene della città; è stata la Procura ad avermi consigliato di farlo dopo aver ammesso di aver esagerato”.

Il patteggiamento, secondo Orsoni, sarebbe stato necessario per uscire dai domiciliari e poter riprendere le funzioni di sindaco, in particolare in relazione al bilancio del Comune. Immediata la replica dei magistrati: “se la Procura ha sbagliato – hanno riferito fonti qualificate – l’errore è stato di essere eccessivamente benevoli nel patteggiamento”.
Atto che per i magistrati è stato voluto da Orsoni stesso e per il quale “parlano le carte”, che tra l’altro prevedevano che Orsoni si ritirasse dando le dimissioni da sindaco cosa che ha fatto sì, ma su pressione della politica, quella che, secondo l’indagato, lo avrebbe tradito.

L’accordo tra Orsoni e la Procura era poi stato respinto dal Gup che aveva ritenuto incongrua la multa di 16mila euro a fronte del presunto denaro incassato dall’ex sindaco.

“Non ho mai ammesso la colpevolezza che ho sempre respinto fermamente. Poi, nello sviluppo dei fatti e di fronte ad una sorta di tradimento della politica – ha aggiunto – ho deciso, invece di pensare alla comunità, di preoccuparmi di me stesso”.

Non sono state le uniche scintille della giornata. In udienza i Pm Ancillotto e Buccini, alla luce del dibattito in aula, hanno riformulato il capo di imputazione per l’ex ministro e parlamentare Altero Matteoli accusato di aver ricevuto 550mila euro per favorire la ‘Socostramo’ di Erasmo Cinque (anch’egli indagato), per delle opere ambientali.

I Pm hanno ritenuto che il denaro “faceva parte del medesimo disegno criminoso” di fatto dando una continuità all’azione di Matteoli che non sarebbe intervenuto su più fatti in base a più richieste ma nel segno della continuità di un accordo senza limiti di atti e di tempo.

La decisione dei Pm ha portato a riaprire la discussione in aula con repliche previste per lunedì prossimo. Per quel giorno è previsto il giudizio del Gup sulle varie posizioni al centro dell’udienza preliminare.
La decisione riguarda nove richieste di rinvio a giudizio davanti al collegio del Tribunale e tre riti alternativi, con un imputato di questi per i quali la Procura ha chiesto l’archiviazione.

19/12/2015

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