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Genitore no vax, la figlia minore ricorre al Tribunale di Venezia che le dà ragione: può vaccinarsi

Venezia - Genitori in disaccordo sul vaccino alla figlia tredicenne che vuole sottoporsi alla somministrazione. Il Tribunale ascolta la ragazza e le dà il consenso.

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Tredici anni sono sufficienti per decidere se vaccinarsi o no. Tredici anni e una convinzione che supera il disaccordo dei genitori sulla scelta. Tredici anni convinti che vaccinarsi sia giusto. Tredici anni e la decisione del Tribunale civile di Venezia di accordare il permesso all’inoculazione, scavalcando così la diatriba tra mamma e papà.

La ragazza ha motivato la sua scelta, adottata per senso di responsabilità, una scelta maturata dopo essersi informata, documentata che l’ha convinta a intraprendere il percorso vaccinale.

Il Tribunale è intervenuto perché i genitori, separati e con l’affidamento condiviso, avevano convinzioni opposte in materia: la madre sosteneva la scelta della figlia, il padre nutriva molti dubbi e preoccupazioni rispetto le conseguenze che, a suo parere potrebbero sussistere a causa della somministrazione.

La tredicenne ha introdotto nel suo ragionamento, non solo la tutela per sé e per gli altri, ma anche le opportunità positive che influiranno sulla sua vita, sui rapporti con gli amici, sugli sport che pratica, sulla qualità e la sicurezza che il sentirsi vaccinata le infonde.

E il tribunale le ha dato ascolto, visto che i suoi dodici anni li ha già compiuti e la legge le ha consentito di poter esprimere la sua opinione con senso di responsabilità.

La vaccinazione ai bambini, ai ragazzi, come ci riporta la cronaca quotidiana, porterà le famiglie a confrontarsi, a misurarsi sull’opportunità della scelta e anche se la scienza assicura che non sussiste alcun pericolo, già si sono verificati i primi scontri in famiglia, perché quando si tratta dei propri figli, tutto diventa meno semplice, elementi come preoccupazione, paura, non si possono ignorare.

Si tratta forse di capire e accompagnare questa scelta affiancati a medici e pediatri che possono tranquillizzare i genitori che possono essere comprensibilmente in crisi nell’accompagnare i propri figli a vaccinarsi. Le competenze che esistono territorialmente dovrebbero assistere gli adulti in crisi.

Forse meglio di un tribunale, sarebbe una misura che non pesi solo sulle spalle di un ragazzo, di un bambino che oltre alla somministrazione deve ‘inoculare’ le paure e gli scontri tra mamma e papà.
Si parla molto di prevenzione e in questo caso, come in tanto altri, sarebbe bene esercitarla.

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