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Ecco nuovo Dpcm: italiani a casa alle 22

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Finita era autocertificazione, mascherine solo al chiuso

Ecco il nuovo Dpcm: il premier Conte “resiste” all’ultimo attacco delle Regioni e firma il Dpcm durante un vertice notturno a Palazzo Chigi. Sullo sfondo permangono il ‘Nodo ristori’ e altre questioni non minori come i parrucchieri aperti-non aperti nelle ‘zone rosse’.
Il premier Giuseppe Conte resiste all’ultimo pressing delle Regioni e, a tarda notte, firma il Dpcm che istituisce un regime di chiusure differenziate a seconda della fascia di rischio contagio alla quale appartiene una Regione.
Una riunione finale tra il capo del governo, i capi delegazione, i ministri Francesco Boccia, Roberto Gualtieri e Stefano Patuanelli e il sottosegretario Riccardo Fraccaro mette un punto a “singolar tenzone” tra l’esecutivo e le Regioni.
Poche le concessioni del primo alle seconde, con un’appendice: il capitolo ristori che, su pressing dei governatori, Conte sarà costretto ad allargare rispetto alle previsioni di qualche ora fa.
In una lettera inviata da Boccia e dal titolare della Salute Roberto Speranza alle Regioni i due ministri rispondono ai rilievi inviati sul Dpcm. Sull’elaborazione dei dati – decisiva per stabilire in quale fascia di rischio collocare una Regione – il decreto “garantisce il coinvolgimento” delle Regioni stesse, spiega il governo. Non solo, infatti, i governatori partecipano alla cabina di regia sull’emergenza sanitaria

ma nel Dpcm si precisa che il ministero della Salute emetterà le ordinanze di chiusura “sentiti” i presidenti delle Regioni, si sottolinea nella lettera.
La missiva, sulla richiesta di ristori, assicura: il decreto sarà varato in settimana, le erogazioni saranno “tempestive”. Ma ora, a Conte, Gualtieri e Patuanelli spetterà trovare nelle prossime ore i soldi necessari a mitigare la rabbia di commercianti, ristoratori, gestori di bar delle zone rosse: tutti destinati a chiudere per almeno due settimane.
La cifra di 1,5 miliardi probabilmente non basterà. E il rebus si complica perché, anche volendo, i tempi per chiedere un nuovo scostamento di bilancio sono strettissimi mentre, solo erogando risorse dopo il 10 dicembre queste potranno essere inserite nelle spese del 2021.
E il 10 dicembre, per le Regioni, è troppo tardi. Non solo.
Al Mef e al Mise spetterà la complessa modulazione della platea dei destinatari ai ristori in un decreto che mette in campo chiusure “a fisarmonica”.
E c’è da riaffrontare anche il tema dei congedi parentali, destinati ad allargarsi con la Dad dalla seconda media in poi prevista per le Regioni nello scenario 4.
Pochissime, invece, le limature al testo. I 21 parametri per classificare il livello di rischio di una Regione non cambiano, così come l’impianto delle chiusure. Rispetto alla bozza del pomeriggio c’è però una novità: barbieri e parrucchieri potranno restare aperti

anche nelle Regioni “rosse”.
Il nuovo Dpcm, in ogni caso, porta una nuova ulteriore stretta per gli italiani, con la seconda ondata del virus che non molla e anche ieri, martedì, ha fatto segnare oltre 350 morti, un numero che non si registrava da maggio, e altri 203 pazienti nelle terapie intensive, reparti che hanno ormai superato la soglia critica del 30% in 9 regioni.
Il premier Giuseppe Conte ha firmato a tarda notte il Dpcm con le nuove misure, che saranno in vigore da giovedì e resteranno valide fino al 3 dicembre.
Con questo, l’Italia viene divisa in 3 aree di rischio e in quella dove il contagio è più diffuso e gli indici epidemiologici sono più critici – come ad esempio la Lombardia e il Piemonte – scatterà, di fatto, il lockdown come a marzo.
In questi posti si potrà uscire di casa solo per andare a lavorare, per fare la spesa, per motivi di salute o necessità. E per portare i bambini a scuola.
Il Dpcm è il frutto di una lunga discussione, che a tratti è diventata scontro, sia all’interno della maggioranza, in particolare sull’ora in cui deve scattare il coprifuoco in tutto il Paese, sia tra l’esecutivo e le regioni, per chi dovesse assumersi la responsabilità politica delle chiusure.
Scontro, questo con gli enti locali, ancora in corso visto che le Regioni non smettono di chiedere interventi “omogenei” in tutta Italia.
Il dpcm prevede che le misure più dure

dovranno essere adottate dal ministro della Salute Roberto Speranza “d’intesa” con il presidente della Regione interessata.
E questo sia per le restrizioni relative alle ‘zone arancioni’ in cui la curva epidemiologica è compatibile con lo scenario 3 dell’Istituto superiore di sanità, vale a dire quelle caratterizzate da una situazione “di elevata gravità”, sia per quelle che interessano le ‘zone rosse’, che rientrano nello scenario 4, dove invece c’è una situazione di “massima gravità”.
Su una cosa il premier e il governo non hanno mai fatto retromarcia: non doveva essere lockdown nazionale e non sarà lockdown nazionale.
“Non ci saranno chiusure generalizzate ma sarà un lockdown light, simile al modello tedesco – ha ribadito il sottosegretario alla Salute Sandra Zampa -. Il tentativo è di non paralizzare il paese, anche se è abbastanza complicato fare una misura sartoriale basata su zone”.
Posizione che le Regioni hanno contestato a lungo, chiedendo “misure omogenee per tutto il territorio nazionale”, ristori immediati e soprattutto, che la valutazione del rischio in base al quale si stabilirà in quale fascia finisce un territorio sia fatta “in collaborazione” con le Regioni.
Il meccanismo individuato dal decreto è quello di una prima linea di misure nazionali, più ‘leggere’ e valide per tutti: dal coprifuoco alle 22 alla chiusura dei centri centri commerciali nel weekend,

dallo stop a musei e mostre alla riduzione dall’80% al 50% della capienza sui mezzi pubblici locali, dalla didattica a distanza al 100% per gli studenti delle superiori alla chiusura dei corner di giochi e scommesse all’interno di bar e tabacchi.
Questi interventi varranno per tutta Italia e si vanno ad aggiungere a quelli già in vigore, come la chiusura dei bar e ristoranti alle 18.
Molto più duri sono, invece, i provvedimenti inseriti nell’articolo 1 bis – quello che riguarda le ‘zone arancioni’ – e nell’1 ter, quello per le ‘zone rosse’, che resteranno in vigore “per un periodo minimo di 15 giorni”.
Nelle Regioni, province o Comuni che rientrano nello scenario a “rischio elevato” sono vietati gli spostamenti in entrata e in uscita nonché gli spostamenti tra i comuni.
Entrambi i divieti non varranno in caso di comprovate esigenze lavorative e di studio, per motivi di salute, per situazione di necessità e per accompagnare o riprendere i bambini a scuola.
Chiusi anche i bar e i ristoranti: sarà consentito solo la consegna a domicilio e il servizio di asporto fino alle 22.
Per le zone rosse, invece, dove la situazione è di “massima gravità”, sarà lockdown. “Non come a marzo” dice il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri, ma in realtà

si potrà fare ben poco: vietato ogni tipo di spostamento, anche quelli “all’interno dei medesimi territori”, chiusi i negozi e i mercati, chiusi bar e ristoranti, sospeso tutto lo sport, possibilità di fare attività motoria “individualmente” e solo “in prossimità della propria abitazione” e attività sportiva all’aperto e da soli.
Senza contare che, sia nelle zone arancioni che in quelle rosse, tornerà l’autocertificazione.
Come a marzo e aprile.
Come nei mesi più bui di questa pandemia.

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