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Donne incinte in rianimazione a Padova: il tema del vaccino in gravidanza

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La pandemia, purtroppo, non risparmia nessuno e il solo pensiero che possa colpire anche le donne in stato di gravidanza, crea panico, paura e disorientamento.
Eppure la realtà ci costringe a registrare che all’ospedale di Padova, due gestanti non immunizzate (di trenta e quarant’anni), sono ricoverate in terapia intensiva.
L’annuncio, emerso durante la relazione del direttore generale dell’Azienda ospedaliera di Padova, Giuseppe Dal Ben che settimanalmente fa il punto sui dati concernenti i contagi e lo stato di salute dei pazienti, ha evidenziato, ancora una volta, la complessità del problema, l’anomalia di comunicazioni contraddittorie e diversificate tra gli stessi medici sul quando e in che tempi una donna incinta debba vaccinarsi.

Questione troppo delicata, che necessita dei dovuti e urgenti chiarimenti, il più possibile accordati e condivisi tra medici, per non lasciare in una confusa solitudine chi sta per dare alla luce una nuova vita e che ha solo bisogno di sentirsi protetta e rassicurata dai medici ai quali si affida.
Il direttore Giuseppe Dal Ben continua a lanciare l’appello rivolto alle madri incinte: vaccinatevi, non c’è alcun pericolo.
E con lui la direttrice dell’Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia Maria Teresa Gervasi che ha offerto uno sguardo a largo specchio, un percorso sanitario vissuto dalle gestanti, dall’inizio della pandemia, a oggi.
Sono 129 le donne che si sono dovute ricoverare, di cui 45 da gennaio di quest’anno.
Alcune di loro, a causa di una polmonite, sono state accolte nel reparto di malattie infettive e 5 fra queste si sono aggravate e quindi sottoposte a cure intensive, comprese le due donne non immunizzate.

L’Azienda Ospedaliera padovana sta cercando di affrontare il problema e al suo interno sta organizzando uno spazio vaccinale rivolto alle donne incinte, che potranno formulare domande, esternare dubbi, manifestare la naturale vulnerabilità di un periodo particolarissimo della vita, quando una donna porta un figlio in grembo.
La dottoressa Maria Teresa Gervasi si dice convinta che gran parte delle future madri non si vaccini per carenza di informazioni sicure.

Evidentemente gli studi qualificati effettuati su 90mila gestanti e i risultati confortanti che non hanno rilevato alcun danno provocato da vaccinazione alla madre e al bambino, non hanno convinto. E del resto, una ricerca scientifica affidabile non basta quando insieme al consiglio e alla raccomandazione di procedere all’inoculazione del vaccino con tranquillità e in tutta sicurezza una volta trascorso il terzo mese, ma anche dopo, durante l’ allattamento, i suggerimenti mutano e i medici danno indicazioni diverse e fra loro contraddittorie.  
C’è chi consiglia di aspettare il sesto mese, chi dopo il parto.
E può succedere ed è successo che una gestante in avanzato stato di gravidanza si sia recata a Venezia al Centro di Piazzale Roma per vaccinarsi e il medico preposto le abbia consigliato di farsi ‘prima’ certificare dal ginecologo l’attestazione di buona salute, sua e del bambino.


 

Ora la questione pare si sia risolta, la signora si è vaccinata e l’Usl Serenissima parla di arbitrarietà da evitare, ma la questione non sta solo in questo fatto di cronaca. Sta sul metodo, sulle informazioni che un cittadino riceve rispetto la tutela della sua e altrui salute.

Di seguito, pubblichiamo il comunicato dell’Ulss 3 Serenissima:

In merito all’episodio relativo alla donna in stato di gravidanza, cui un medico vaccinatore ha chiesto il certificato dello specialista ginecologo prima di procedere alla vaccinazione, l’azienda sanitaria precisa quanto segue:

“I centri vaccinali dell’Ulss 3 Serenissima hanno vaccinato in questo periodo numerose donne in stato di gravidanza. Le vaccinazioni di queste utenti seguono le linee guida suggerite dalle società scientifiche. Le donne gravide che si presentano nei centri vaccinali vengono quindi sottoposte all’anamnesi da parte del medico vaccinatore il quale, dopo averne valutato l’idoneità, procede con la vaccinazione. Nel caso specifico dell’utente che si è presentata martedì 7 settembre al centro vaccinale di Piazzale Roma e alla quale, in sede di anamnesi, è stato chiesto un certificato ginecologico per procedere in un secondo momento all’inoculazione, si evidenzia che questa richiesta è il frutto di un’iniziativa arbitraria di un medico (tra i circa 200 medici vaccinatori che operano ogni giorno nelle nostre sedi vaccinali) che ha agito di propria iniziativa. Già 6 giorni fa, giovedì 9 settembre, il professionista è stato richiamato formalmente al rispetto delle linee guida delle società scientifiche, senza richiedere quindi ulteriori certificazioni. L’azienda ha già provveduto alla vaccinazione dell’interessata, che è avvenuta lunedì 13 settembre”.

Andreina Corso

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