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Donato Bilancia morto per Covid, è stato il “serial killer” italiano

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Donato Bilancia è morto, ennesima vittima del Covid. Il serial killer italiano forse più noto era stato condannato a 13 ergastoli per diciassette omicidi e a 16 anni per un tentato omicidio, è morto per il virus al carcere Due Palazzi di Padova.
Donato Bilancia è stato soprannominato “il mostro dei treni” ma anche “il serial killer delle prostitute”. Venne arrestato nel 1998 grazie al particolare dell’auto usata per alcuni suoi spostamenti.
Bilancia verrà ricordato come uno dei serial killer più spietati nella storia criminale italiana.
Ha ucciso 17 volte in sei mesi, tra l’autunno del 1997 e la primavera del 1998, tra la Liguria e il Piemonte.
Per molti anni Donato Bilancia era stato un ladro, un giocatore d’azzardo, con una giovinezza tra arresti e evasioni, bische clandestine e cattive compagnie.
Poi, a quasi cinquant’anni, l’uomo diventa un mostro che uccide a ripetizione sfidando gli investigatori.
Quando si trova gli agenti davanti, all’ospedale di Genova, non reagisce, allunga le braccia per le manette. Poi, davanti al giudice, incomincia a parlare, racconta tutto, anche quello che gli inquirenti non sanno, persino incolpandosi di un delitto che era già stato archiviato come suicidio.
Donato Bilancia terrorizzò l’Italia con i suoi omicidi spietati e

apparentemente casuali.
Era un serial killer che colpiva anche sui treni, sceglieva le vittime affidandosi alle circostanze e le ammazzava senza pietà.
Donato Bilancia, detto ‘il mostro dei treni o ‘il killer delle prostitute’ come la letteratura criminale lo restituì alle cronache, è morto anche lui di Covid nel carcere Due Palazzi di Padova.
Scontò i primi anni di prigione nel carcere di Marassi a Genova, per poi essere trasferito a Padova negli ultimi anni. In cella Bilancia, benché non si sia mai pentito degli omicidi, iniziò un percorso che lo portò a conseguire un diploma e iniziare a studiare per laurearsi. Un comportamento che gli fece ottenere anche un permesso per uscire dal carcere nel 2017 ovvero dopo 20 anni di detenzione: andò superscortato sulla tomba dei genitori a Nizza Monferrato (Asti).
Il successivo permesso gli fu invece negato perché ritenuto soggetto ‘ancora pericoloso’.
Bilancia aveva chiesto al Tribunale di sorveglianza di Padova di far visita a un bambino di otto anni con sindrome di Down, al quale aveva deciso di devolvere parte della sua pensione. Ma i magistrati negarono la possibilità in considerazione del fatto che non si era mai ravveduto dei suoi crimini, ritenendo di

essere stato “posseduto” da una malattia negli anni in cui li aveva commessi. Inoltre non aveva avviato con profitto un percorso di riabilitazione psicologica tale da far intendere di aver risolto i “disturbi di personalità” che lo affliggevano.
“Inquieta sapere della morte in carcere. Le carceri dovrebbero essere luoghi sicuri”. E’ questo il primo pensiero di Enrico Zucca, oggi sostituto procuratore generale e, all’epoca, pubblico ministero nel processo contro Donato Bilancia.
E’ stato un serial killer “che negli ultimi tempi ha interpretato il ruolo del serial killer. Al mondo – spiega Zucca – ce ne sono di più complessi ma lui è passato alla storia della criminologia per la concentrazione temporale degli omicidi”.
Diciassette assassinii in una manciata di mesi. Quindi “non la figura classica del serial killer che uccide per soddisfare un impulso, una necessità. Bilancia uccideva perché ha trovato facile farlo”.
Una carriera criminale quella di Bilancia iniziata con piccoli furti e rapine, costellata dal vizio del gioco d’azzardo e dall’assidua frequentazione di bische. Ed infatti le prime vittime di Bilancia nel 1997 sono biscazzieri, Giorgio Centanaro, soffocato, e Maurizio Parenti ammazzato assieme alla moglie.
Seguono poi

omicidi a scopo di rapina (i coniugi Bruno Solari e Maria Luigia Pitto, titolari di un’oreficeria, e i cambiavalute Luciano Marro e Enzo Gorni).
Poi fu la volta anche di un metronotte, Giangiorgio Canu, per un’ottusa rivalsa contro le forze dell’ordine.
Poi la lunga serie di prostitute ammazzate, una mattanza alla quale scampò una transessuale, Lorena, determinante poi per la cattura perché fornì un identikit e la descrizione della Mercedes nera.
Poi ancora il salto di qualità nell’escalation del terrore: Bilancia inizia a scegliere le sue vittime sui treni in maniera casuale ed agendo in modo feroce.
A tradirlo fu un vizio quasi innocente considerando la caratura criminale del personaggio: ovvero evitare di pagare il pedaggio in autostrada.
La Mercedes nera fu più volte segnalata e i carabinieri scoprirono una corrispondenza tra l’identikit dell’occupante e quello fatto da Lorena.
A questo si aggiunse la prova del Dna: il serial killer, uno dei più spietati della storia criminale d’Italia, fu arrestato il 6 maggio del 1998.
Dopo pochi giorni confessò tutti gli omicidi.

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