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Discarica abusiva a Cavallino-Treporti: anche briccole e pontili abbandonati

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Discarica abusiva a Cavallino-Treporti scoperta dai Militari della Guardia Costiera di Venezia e di Jesolo. Si tratta di oltre 10.000 m3 di rifiuti gestiti illegalmente all’interno di un’area appartenente ad una ditta di Cavallino-Treporti. Una “discarica a cielo aperto” scoperta dai militari del Nucleo operativo di polizia ambientale della Guardia Costiera di Venezia e di Jesolo, sotto la direzione del Centro di Coordinamento Ambientale Marittimo (CCAM) della Direzione Marittima del Veneto, che assieme al personale tecnico dell’ARPAV ha provveduto a porre sotto sequestro penale.
L’enorme distesa era composta da una vastissima area dedita alla raccolta e trasporto di rifiuti speciali provenienti dall’attività di lavori edili e marittimi.

Più nel dettaglio, dopo una intensa attività info-investigativa recente, è stata accertata e verificata che la gestione dei rifiuti condotta dall’azienda avveniva in maniera difforme a quanto disposto dalle vigenti norme in materia ambientale. L’area, completamente scoperta, di circa 25.000 metri quadrati, era priva di pavimentazione e sottoposta a dilavamento meteorico.
In essa la Guardia Costiera ha sequestrato oltre 10.000 metri cubi di materiali di risulta accumulati, contestando l’attività di gestione dei rifiuti svolta in maniera illecita.
Nel corso dell’operazione ambientale, i Militari hanno posto sotto sequestro anche diverse decine di briccole e pontili in disuso, mezzi di lavorazione non operativi, decine di pneumatici esausti, materiale di scavo di vario tipo e fanghi, custoditi in maniera tale da poter arrecare pregiudizi al suolo, al sottosuolo e alle acque superficiali adiacenti, site nelle immediate vicinanze dell’area oggetto di sequestro.

Gli accertamenti di polizia ambientale si sono conclusi con il deferimento all’Autorità Giudiziaria di un soggetto responsabile dell’attività, al quale sono state impartite indicative e precise prescrizioni per consentire loro l’avvio delle procedure volte al ripristino dello stato dei luoghi, i cui oneri restano a carico dei trasgressori (art. 192 del Testo Unico Ambientale), secondo il noto principio “chi inquina paga”.

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