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Cosa resterà? Il 2019 veneziano tra acqua alta e incidenti delle navi

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cosa resterà fatti del 2019 veneziano

“Cosa resterà…” recita una bella canzone di Raf. Nel nostro caso vogliamo ripensare, in chiusura di anno, ai fatti che forse più resteranno a futura memoria dei veneziani.

Quello che si avvia al termine è stato, per certi versi, un anno infausto: 12 mesi che hanno ulteriormente evidenziato la fragilità della città intesa quasi solamente come meta turistica.

L’impatto di milioni di visitatori è gravato su un tessuto sociale morente accompagnato da un equilibrio sempre più precario nel suo ecosistema.

Sul versante acque alte, inoltre, è stato un 2019 da record, con ben cinque eventi superiori ai 140 cm: i cambiamenti climatici sono sotto gli occhi di tutti, e ciò deve necessariamente portare a una rivalutazione di come Venezia debba essere vissuta, oltre che dai turisti, anche dai suoi abitanti.

Ma partiamo da gennaio.

Il 2019 si era aperto con la proposta delle passerelle “a scomparsa” per sostituire quelle classiche in legno.
Il progetto “Eleva”, ideato dai lombardi Marco Biava e Felice Zini, si sarebbe integrato ai masegni per sollevarsi ad ogni picco di marea, rendendo percorribili le principali arterie cittadine sommerse dall’acqua.

Ma nonostante l’idea, già collaudata, fosse stata presentata a Ca’Farsetti, i promotori non hanno ottenuto risposta.

Dal canto suo, il Comune era impegnato a trovare la soluzione ad un altro problema: quello del pendolarismo turistico, che compone almeno il 70% degli arrivi in città.

In recepimento ad un Decreto Legge della Camera del 2017, viene istituito il “ticket d’ingresso”. Inizialmente pensato in diverse fasce, da 6, 8 e 10 euro a seconda delle giornate, per aiutare Venezia a rimpinguare le sue casse, il “Contributo d’accesso” però slitterà a luglio 2020 con modalità molto più soft.

Con l’arrivo della “stagione” si sono poi, come sempre, moltiplicati gli arrivi, composti da un numero sempre maggiore di gruppi, pullman e barconi in visita alla città per una manciata d’ore.

Ma è proprio del 2019 il fatto più grave della storia della navigazione a Venezia. E’ il più serio incidente turistico mai avvenuto in Laguna.

Il 2 giugno la MSC Opera, gigantesca nave da crociera da 65.000 tonnellate è andata in collisione contro la banchina di San Basilio. La fondamenta è stata danneggiata, 4 persone sono rimaste ferite ma fortunatamente non si sono verificate conseguenze peggiori né per i passeggeri né per la fragile città attraversata ogni giorno dai giganti del mare.

L’evento ha fatto il giro del mondo, portando il 30 giugno ad un’enorme manifestazione promossa dal comitato No Grandi Navi che ha spinto 10.000 persone a sfilare per le calli del Centro Storico.

Inizialmente il questore Zappalorto aveva vietato l’utilizzo di Piazza San Marco per scopi politici, ma successivamente è stato garantito ai manifestanti l’accesso alla zona del Molo, con agenti e transenne posizionati all’altezza delle colonne.

E mentre il ministro dei trasporti Danilo Toninelli annunciava “una soluzione definitiva alle grandi navi entro il mese di giugno”, ecco il secondo incidente: nel tardo pomeriggio del 7 luglio, sotto un violento temporale, l’enorme Costa Deliziosa in uscita da San Marco ha perso il controllo, sbandando e arrivando a sfiorare Riva dei 7 Martiri (nella foto).

A causa di questo secondo episodio le ipotesi si sono concentrate in alcune diverse soluzioni, prima tra tutte lo stop definitivo per le navi oltre le 40 mila tonnellate, con il sindaco Brugnaro primo sostenitore del Canale Vittorio Emanuele III per spostare la croceristica a Marghera.

Dopo un’estate caratterizzata da questi due incidenti, l’autunno veneziano si è aperto con un’altra storica notizia: il 18 settembre il Consiglio di Stato ha riformato la precedente decisione del Tar del Veneto dichiarando “legittimo” il referendum consultivo per suddividere amministrativamente il Comune di Venezia nei due Comuni autonomi di Venezia e Mestre.

Nonostante la volontà contraria del sindaco Brugnaro, che ha invitato tutti a non andare a votare per farla fallire, la consultazione viene fissata per il primo di dicembre.

L’annuncio è stato accolto con gioia dagli abitanti del Centro Storico, desiderosi di riprendere il controllo di una città svuotata dei suoi residenti, afflitta da un turismo sempre più invadente, governata da amministratori ‘che vengono da fuori’. L’invito a non votare, però, assieme ad un quorum insormontabile, faranno fallire anche questa iniziativa.

Intanto le immagini del gondoliere aggredito da un turista salito in gondola senza permesso per farsi dei selfie facevano il giro del mondo, sommandosi alle proteste degli abitanti di Castello che si trovavano i visitatori della Biennale in casa. La Biennale d’Arte 2019, infatti, ha battuto ogni record di affluenza con il risultato collaterale che tutto il sestiere di Castello è diventato area di passaggio, da visitare o di ristoro per il pubblico.

Sarà proprio per questo motivo che a novembre la Biennale, spiegando i risultati trionfali della stagione, si scuserà con i residenti di Castello, e soprattutto della Celestia che, quasi quotidianamente, si trovavano gente in casa. Assieme alle scuse i residenti attendono però ora un ripensamento degli spazi e della gestione degli stessi. Il record di presenze non può essere un obiettivo da perseguire ad ogni costo o sulla pelle degli altri per esibirne il risultato.

Il 2019 ha visto anche la dipartita di altre attività storiche: dopo l’ex-Regazzo, il negozio di strumenti musicali scomparso a gennaio, è giunta la notizia che anche Testolini, la secolare cartoleria dei Veneziani, avrebbe lasciato anche l’ultima sede di Campiello Corner.

L’annunciata stretta sull’apertura di nuovi bar e ristoranti (salvo quelli che hanno già avuto la concessione) è stata seguita da un’attesa – quanto tardiva – delibera che vieta l’esposizione di paccottiglia in Piazza San Marco e nell’area Realtina, zone da riservare all’arte e all’artigianato per tutelare “l’immagine e l’identità storico-architettonica della città”.

Ma proprio quando il 2019 sembrava avviarsi verso un lieto fine, dando ai cittadini un’illusione di riscossa, il 12 novembre la catastrofe: per un concatenarsi di fenomeni, una marea inizialmente prevista per 140 cm è arrivata alla devastante quota di 187 cm, stabilendo il secondo record assoluto dopo i 194 cm del 1966.

Negozi, attività, abitazioni: nulla è stato risparmiato dalla furia dell’acqua che continuava inesorabilmente a salire, staccando le barche dagli ormeggi, facendo danni ovunque e registrando anche due vittime nell’isola di Pellestrina.

Nei giorni successivi la marea si è ripetuta: 144 cm l’indomani, 154 cm il 15 novembre e ancora 150 cm il 17. Quattro eventi eccezionali nello stesso anno non si erano mai verificati, ancor meno nell’arco di sei giorni.

Venezia finisce così di nuovo al centro della stampa mondiale, con le immagini di una città martoriata che ha fatto puntare il dito contro il MOSE: non ancora pronto nonostante i lavori siano iniziati nel 2003 per un costo di 5,5 miliardi di euro.

Il pianeta ha iniziato a interrogarsi seriamente sul futuro della Laguna e di come il paradiso di 28 milioni di turisti l’anno sia effettivamente a rischio a causa dei cambiamenti climatici e di quanto poco si sarebbe fatto e si continuerebbe a fare per la sua salvaguardia.

Appena il tempo di riprendersi ed era già ora del referendum, svoltosi in un clima surreale tra conte dei danni e l’assordante silenzio di Ca’Farsetti: dell’agognata consultazione nessuno parlava più, quasi non fosse neanche in programma. Restavano ormai pochi giorni per le campagne referendarie, anch’esse avvelenate da un clima ostile dovuto alla soppressione di molte iniziative pubblicitarie in favore del ‘SI’.

E, alla fine, deludendo le aspettative di molti, infatti i cittadini hanno disertato le urne: meno del 22% l’affluenza registrata: 32,64% in Centro storico, 16,35% in Terraferma.

Archiviato anche il referendum, dopo un dicembre ancora scandito dalle sirene (143 cm nell’antivigilia), Venezia si prepara ad accogliere il nuovo anno così, esattamente com’era prima.

Anzi, con 660 residenti in meno, e con una rinnovata consapevolezza della propria fragilità e di quanto sia in bilico non solo il proprio futuro ma anche il proprio presente.

Una città dove a comandare non sono i Veneziani, ma neanche i Mestrini come ritenuto da molti. A comandare è l’idea monoculturale di monetizzare al massimo i 28 milioni di turisti l’anno (538 per abitante): più di Roma, Amsterdam e Bangkok messe assieme.

Un business che ha sempre fatto da padrone, dimenticando i suoi stessi residenti fino ad annullarli completamente negli ultimi tempi.

Ora salutiamo questo 2019, nella speranza che il nuovo anno porti un nuovo inizio.

Nino Baldan

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2 persone hanno commentato. La discussione è aperta...

  1. Da cittadina italiana e da turista amante della città di Venezia mi auguro che il comune prenda in considerazione il prima possibile il progetto “Eleva” in quanto potrebbe essere un grande aiuto per i cittadini veneziani nel risolvere il problema dell’acqua alta, perché le passerelle di legno fino ad oggi impiegate sono davvero rudimentali. Speriamo che questo 2020 possa essere la svolta che ci vuole per salvaguardare il suo patrimonio artistico che è ineguagliabile favorendo così il flusso di turisti che vengono da tutte le parti del mondo per ammirarla perché Venezia è una città unica nel suo genere.

  2. Spero che nel 2020 il Comune con la società Gruppo Veritas prenda una decisione riguardo le passerelle Innovative ELEVA i motivi sono sicuramente per la sicurezza per il transito dei pedoni, basso impatto ambientale, la praticità, il funzionamento a basso consumo, esente da sostanze inquinanti, velocizzare i tempi durante il loro funzionamento, durature nel tempo, bassi costi di manutenzione,e non da poco dare lavoro e possibilità di avere contributi Europei.

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