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Coronavirus, Wuhan rimuove il lockdown: tutti in fuga controllati da una app mentre l’Italia ‘vede’ la fase 2

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Coronavirus, Wuhan rimuove il lockdown: tutti in fuga controllati da una app mentre l'Italia 'vede' la fase 2

Coronavirus: Wuhan rimuove il lockdown dopo 3 mesi, e tutti vanno in fuga.
Allo scoccare della mezzanotte dell’8 aprile, erano le 18 di martedì in Italia, una prima auto ha rotto, dopo 76 giorni, l’isolamento di Wuhan: ha varcato il casello ovest della città focolaio del coronavirus. E appena gli addetti hanno rimosso i 75 check point, mentre anche il Tianhe International Airport totalmente disinfettato riapriva i suoi gate, è iniziata una vera e propria fuga dalla città.

In migliaia si sono spostati per dimenticare un lockdown senza precedenti, scattato il 23 gennaio scorso, con misure draconiane per contenere la diffusione del contagio. E in tanti si sono diretti anche alla stazione per salire su uno dei primi treni in partenza.

E chi resta in città è invece uscito, anche semplicemente per andare a mangiare una ciotola di ‘reganmian’, il più popolare e tipico piatto di noodle piccanti della città dalle 100 università e con 11 milioni di abitanti.

Con la vita da alcuni giorni orientata verso un’insperata normalità, considerando le gravi cronache di fine gennaio, molti residenti hanno ricominciato a lavorare da alcuni giorni e ad andare fuori, anche se con tante precauzioni.

Prima tra tutte l’app AliPay o WeChat, scaricata sullo smartphone, che dà a ogni residente un codice Qr colorato sullo stato di salute, previa scannerizzazione del documento di riconoscimento: il rosso vale un caso confermato di infezione da sottoporre ad immediato trattamento medico, il giallo esprime un contatto ravvicinato con un caso di contagio (obbligo di quarantena e divieto di viaggiare), mentre il verde certifica l’assenza di rischi e consente gli spostamenti e il ritorno al lavoro.

Lo sblocco è arrivato quando i nuovi casi di coronavirus sono stati azzerati a Wuhan, mentre per la prima volta dal 23 gennaio, la città, la sua provincia e l’intera Cina non hanno riportato alcun decesso. Una liberazione, quella scattata oggi dopo mesi di isolamento, di ingressi dei condomini controllati dagli agenti.

Ma senza abbassare la guardia: la nuova minaccia, ha ribadito la leadership comunista di Pechino, è ora il rischio dei contagi di ritorno, quelli importati dall’ estero, e dai soggetti asintomatici, quelli cioè positivi al virus ma asintomatici.

A Wuhan, ad esempio, ne sono stati individuati più di mille e il timore è che possano diventare nuova fonte di trasmissione del Covid-19. Per questo, pochi giorni fa, il segretario del Partito comunista locale Wang Zhonglin ha invitato a essere prudenti e a seguire le regole di prevenzione e controllo perché “il rischio di rimbalzo della pandemia resta alto, a causa di fattori interni ed esterni”.

Le attività commerciali, dai negozi ai ristoranti e fino ai grandi magazzini, sono stati riaperti nell’ultima settimana per far ripartire l’economia, quando la municipalità ha annunciato un totale di 79 progetti del valore di 22 miliardi di dollari.

Il ritorno alla normalità, dopo la “polmonite misteriosa” di dicembre (ma forse già rilevata a novembre) e diventata prima epidemia e poi pandemia, è la prova forse più impegnativa per la Cina che oggi ha dichiarato la vittoria contro il coronavirus.

L’utilità di osservare la situazione nel paese del sol levante attraverso una lente, consiste nel poter vedere gli sviluppi che verosimilmente si verificheranno anche da noi dato che ne stiamo seguendo lo stesso destino con due mesi di delay.

In Italia il contagio da coronavirus ha iniziato a scendere: 47 giorni dopo il ‘paziente uno’ a Codogno e 17.127 morti, l’Italia sembra vedere uno spiraglio di luce, con il ministro della Salute, Roberto Speranza, che martedì sera spiega che l’indice di contagio è “sceso sotto il dato 1 ed è un risultato straordinario se pensiamo che eravamo a 3 o 4, ovvero un soggetto positivo infettava fino a 3-4 persone, fino a qualche settimana fa”.

Ora il Paese si avvia verso la ‘Fase 2′ in due step, con la massima cautela – e la messa a punto di un piano che prevede ospedali Covid e il potenziamento della sanità territoriale in tutto il Paese – ma anche con un po’ di ottimismo dopo settimane buie.

Il giorno dopo Pasquetta, se i dati si confermeranno, ci potrebbe dunque già essere una qualche minima riapertura delle attività produttive (il primo step), mentre per riprendere a spostarsi e ad uscire di casa, pur tra mille precauzioni “perché il virus non è sconfitto”, bisognerà attendere almeno l’inizio di maggio.

“Finalmente – sottolinea il direttore delle malattie infettive dell’Iss Giovanni Rezza – sembra si inizi a vedere una diminuzione di nuovi casi: sembra esserci una discesa, la curva tende a flettere in basso. Ma aspettiamo domani o dopodomani prima di tirare un sospiro di sollievo”.

A sostenere le parole ci sono, appunto, i numeri. Per il quarto giorno calano i ricoverati in terapia intensiva, oggi sono 106 in meno; ben 5 regioni – Umbria, Friuli Venezia Giulia, Molise e soprattutto Lombardia ed Emilia Romagna – fanno segnare un minor numero di malati; l’aumento dei positivi è di soli 880 pazienti, meno della metà di lunedì.

“E’ l’incremento più basso registrato dal 10 marzo” dice il capo della Protezione Civile Angelo Borrelli. Tutto ciò non significa certo che da qui ad una settimana l’Italia sarà fuori dall’emergenza. Lo ripetono tutti gli scienziati e lo sa bene il governo che continua a ribadire la linea della massima cautela e della prudenza.

“Sarà una lotta dura – spiega Rezza – non è che arriviamo a zero contagi tra una settimana o un mese e allora tana libera tutti”. Per questo l’imperativo, anche per le prossime settimane, resta lo stesso: mantenere “rigorosamente” tutte le misure di distanziamento sociale. “Ogni rilassamento può significare una ripresa della circolazione del virus”.

Quella che inizia oggi, come dice il commissario Domenico Arcuri, è dunque una “lunga fase di transizione” nella quale sarebbe “imperdonabile” non mantenere le misure adottate finora perché vorrebbe dire rendere inutili i sacrifici fatti dagli italiani. E proprio questa transizione è stata al centro del vertice tra il premier Giuseppe Conte, i ministri e il comitato Tecnico scientifico: una riunione nella quale, anche se non si sono fatte date per le possibili riaperture, sono stati delineati alcuni punti fermi, a partire dall’applicazione rigorosa di misure di distanziamento.

La linea – sulla quale si sono trovati tutti d’accordo – è quella della “gradualità e prudenza” nelle scelte. Ecco perché il premier già nelle prossime ore, in vista della scadenza del dpcm del 13 aprile, vedrà i rappresentanti delle imprese e dei sindacati, oltre alle Regioni, per decidere come allargare il novero delle attività consentite.

Tra queste potrebbero esserci quelle connesse alle filiere alimentare, farmaceutica e sanitaria ma anche l’agricoltura, le aziende meccaniche, magari introducendo una sorta di ‘indice di rischio’ per i lavoratori: chi è più esposto dovrà utilizzare i dispositivi di protezione.

Entro venerdì Conte dovrebbe aver concluso gli incontri per poi procedere al nuovo Dpcm nella giornata di sabato. Già questa settimana, inoltre, dovrebbe esser pronto lo studio sui test sierologici: verrà effettuato su un campione Istat della popolazione di circa 200mila persone per avere quanto più chiara possibile la diffusione del virus nel nostro Paese.

Test e tamponi per i quali serviranno linee chiare, osservano fonti governative, da parte del comitato tecnico scientifico. Ma quando verrà consentito alla popolazione di uscire di casa con regolarità o, ad esempio, andare nei parchi?.

Molto probabilmente non prima di maggio. E dovrebbe essere questo il secondo step. Una data possibile potrebbe essere quella del 4, per un motivo specifico: come per Pasqua – quando verranno aumentati i controlli di polizia e alcune Regioni stanno ipotizzando di chiudere intere zone agli ospiti che arrivano da fuori – c’è la necessità di evitare un ‘esodo’ nei weekend del 25 aprile e del 1 maggio.

Ma è anche vero che più passa il tempo e più diventa difficile tenere le persone a casa, come dimostrano i numeri delle denunce, che continuano ad essere elevati: anche ieri oltre 10mila.

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