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Coronavirus: Juventus-Napoli non si gioca. New York con lockdown a zone, Parigi chiude i bar

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Coronavirus: Juventus-Napoli non si è giocata. Con una pantomima l’arbitro Doveri ha dichiarato concluso l’incontro alle 21.30, dopo 45′ dal (finto) avvio, ma era chiaro dalle 20.30 (e anche prima) che l’incontro non si sarebbe giocato in quanto il Napoli non si è presentato: non è nemmeno partito per la trasferta.
Dopo i casi di positività al Covid tra i suoi calciatori, secondo quanto ricostruito, la società del Napoli Calcio ha chiesto un parere alla Regione e quest’ultima – che ha competenza esclusivamente sanitaria – ha semplicemente fatto applicare il protocollo di contact-tracing, indicando quindi la necessità di isolamento delle persone venute a contatto con i contagiati.

Il presidente della Juventus Andrea Agnelli, intervistato da Sky, ha confermato che il presidente De Laurentiis gli ha mandato un messaggino nel pomeriggio chiedendo un rinvio, ma il dirigente bianconero: “Gli ho risposto che la Juventus, come sempre, si attiene ai regolamenti. Il messaggio suo era teso a rimandare la partita. E’ una richiesta che può essere legittima, ma ci sono delle norme, come in ogni industria, e ci atteniamo a quelle. Ci sono dei regolamenti e se non ci atteniamo ai regolamenti commettiamo errori

da cittadini, prima che da sportivi”.
Agnelli ha anche spiegato: “Ciò che è indispensabile è rispettare le regole. Abbiamo protocolli molto chiari per queste situazioni. Era prevedibile che sarebbe successo. In questo caso si applica il protocollo della FIGC per le partite in Italia, che rimanda ad una circolare del Ministero della Sanità approvata dal CTS. Riassumendo il caso specifico, devo dire che nel momento in cui viene riscontrata una positività deve crearsi immediatamente la bolla. Ieri abbiamo richiamato l’intero gruppo-squadra e abbiamo creato questa bolla. A questo segue il rispetto dei protocolli. Non so cosa sia successo al Napoli, io mi sono limitato ad attuare strettamente il protocollo, per il resto non so cosa sia successo”.

Juventus-Napoli non si è giocata e questa è la situazione contingente in Italia domenica sera. Nel resto del mondo, però, il panorama pare più grave, al limite del drammatico. New York ha dichiarato il lockdown in 9 quartieri, mentre Parigi oggi ha ordinato la chiusura dei bar.

Il mondo, d’altra parte, conta ormai 35 milioni di contagi dall’inizio della pandemia, e sta cercando di tamponare questa ondata di ottobre anche se in molti casi l’estate non ha portato nessuna pausa apprezzabile nei contagi.
Le grandi capitali, simbolo del pianeta, ora impongono via via misure sempre più restrittive. A cominciare da New York dove da mercoledì scatterà, in nove quartieri, un vero e proprio lockdown.

Mentre l’America segue con il fiato sospeso le condizioni di salute del presidente Trump, infettato dal Covid, ad annunciare la stretta nella Grande Mela è stato il sindaco Bill De Blasio spiegando che saranno le zone di Brooklyn e Queens, focolai dei nuovi casi, a chiudere.

E anche Parigi stringe le maglie: a fronte dell’impennata dei casi (17 mila quelli nuovi registrati ieri in Francia) e la mancanza di un inversione della curva nella capitale e nell’Ile-de-France domani si passerà in “zona di allerta massima”, color “scarlatto” invece dell’abituale rosso. Con la chiusura dei bar.

Segnali chiari che la seconda ondata del virus fa paura ormai quanto la prima. E potrebbe durare: ‘La strada può essere ancora accidentata, fino a Natale e oltre’, ha messo in guardia Boris Johnson, primo ministro di un Paese, il Regno Unito, che continua a vedere impennarsi le curve epidemiologiche. L’ultimo dato, riferito a sabato, parla di un record 12.800 nuovi contagi in Gran Bretagna anche se la cifra è difficilmente interpretabile con le medie dei giorni precedenti (circa 7 mila nuovi contagi ogni 24 ore) perché

nel conteggio sono stati inclusi anche casi che non erano stati registrati nell’ultima settimana.

Una situazione di allerta che continua a riguardare anche Israele dove il premier Benyamin Netanyahu valuta la possibilità di estendere il lockdown che scade il 14 ottobre.

Tornando in Francia, due settimane dopo la stretta che ha imposto a Marsiglia la chiusura generale di bar e ristoranti e a Parigi quella anticipata alle 22, il progredire apparentemente inarrestabile dei contagi, unito all’aumento di ricoveri e di occupazione di letti in rianimazione, ha costretto le autorità a tornare alle dolorose chiusure anche a Parigi.

La rivolta dei ristoratori di Marsiglia non dovrebbe ripetersi a Parigi, anche perché i gestori di brasserie e bistrot hanno presentato al governo un proprio protocollo che – qualora riuscissero ad evitare di abbassare la saracinesca – si impegnano a rispettare: raccolta di nomi e indirizzi dei clienti, misurazione della febbre ad ogni avventore, tetto massimo di 8 coperti per ogni tavola.

Già giovedì scorso, sui criteri presi in considerazione dalle autorità sanitarie per definire il colore di un territorio sulla cartina di Francia, si erano accese tutte le spie nella regione di Parigi: il tasso di incidenza oltre la barra dei 250 casi per 100.000 abitanti, precisamente a 261; il tasso di occupazione di letti nelle rianimazioni

da parte dei pazienti Covid-19 al 34,8% quando la soglia di allerta è fissata al 30%; infine, il tasso di incidenza del contagio per gli over 65 ben oltre la soglia critica di 100.

Il ministro della Salute, Olivier Véran – facendo digrignare i denti a sindaci e ristoratori della regione di Marsiglia costretti a chiudere dalla settimana scorsa – aveva concesso alla capitale altri 4 giorni per verificare la stabilità di questa tendenza al peggio.

Non sono arrivate cifre a contraddire il trend in atto, quindi da domani mattina scatterà il giro di vite, dopo consultazione stasera con la sindaca Anne Hidalgo. La stessa prima cittadina, pur riconoscendo che la situazione è “molto grave” nella capitale, ha detto che “nulla è ancora deciso, si sta ancora discutendo”.

L’input che Emmanuel Macron ha dato al governo è quello di continuare sempre, ove possibile, a tenere tutto aperto ed in funzione, ricorrendo alle misure di chiusura che penalizzano la società intera soltanto in casi estremi.

Quanto alla reazione dei parigini, il governo sembra almeno confortato da un sondaggio Elabe per BFM-TV secondo il quale il 61% degli abitanti dell’Ile-de-France sono favorevoli a una chiusura completa dei bar.

Quanto ai ristoranti, il governo ha ceduto il passo al Consiglio scientifico, l’Authority che domani annuncerà se il protocollo autogestito dei ristoratori per rimanere aperti sia accettabile, almeno per qualche giorno.

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