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Conte frena su Mes e spinge Eurobond: attacco alla Germania

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Conte frena su Mes e spinge Eurobond: attacco alla Germania

Non c’è spazio per governi tecnici o di unità nazionale: serve un “governo politico che ci metta la faccia” e quello in carica lo sta facendo “con coraggio”.

Giuseppe Conte prova con queste parole a fermare sul nascere le spinte e le suggestioni che negli ultimi giorni sono riemerse nel dibattito parlamentare su nuove maggioranze e cambi di governo per gestire la “fase 3” di ripartenza dopo la crisi Coronavirus.

Il premier lo fa dalle colonne del Giornale, con un messaggio di “apertura al dialogo con tutti” che suona alle orecchie di qualcuno dentro Fi come un viatico per futuri ingressi in maggioranza.

Anche perché ad agitare le acque tra M5s e Pd c’è Alessandro Di Battista, alla guida di una “fronda” che prova a far saltare l’accordo sulle nomine e si prepara alle barricate contro il Mes, rilanciando un asse con la Cina.

Sul Mes Conte torna a dirsi “scettico” in un’intervista a Sueddeutsche Zeitung, con cui rilancia la battaglia sul fronte Ue in vista del Consiglio europeo del 23.

Il premier, che sente al telefono la presidente della commissione Ursula Von Der Leyen, si mostra in sintonia con la sensazione di un numero crescente di italiani e dichiara che “non c’è nessun dubbio che siamo stati lasciati soli” nell’emergenza.

Poi rilancia, come sta facendo nei contatti di questi giorni con i leader europei, la richiesta di Eurobond, nell’ambito di un piano che deve essere – dice Luigi Di Maio – da 1500 miliardi.

Senza un’intesa sul piano per la ripresa che apra a titoli comuni, il governo potrebbe non dare il via libera al piano Ue.

“In gioco c’è l’Europa”, concorda Conte con Macron. E poi manda un messaggio ad Angela Merkel attaccando: il “surplus commerciale” della Germania frena l’Ue, così come il dumping fiscale dell’Olanda.

Quanto al Mes, che divide la maggioranza, il premier ricorda i danni provocati in Grecia e ribadisce che verificherà se è davvero senza condizioni.

Ma il solco tra Pd e M5s si allarga: i Dem chiedono ai pentastellati di prendere le distanze da Di Battista che evoca un’Ue senza Italia e invoca un asse con la Cina, fuori dal patto atlantico.

Il governo si regge sull’europeismo – dice un Dem – se salta questo, salta tutto. “Cieca fiducia in Conte, avremo tutti gli strumenti per affrontare la crisi”, dice il ministro M5s Stefano Patuanelli, frenando l’ala più barricadera.

E il presidente designato di Confindustria Carlo Bonomi va in pressing perché vengano usati i 36 miliardi del Mes: “Se ci sono soldi dall’Europa vanno presi, senza bandiere di partito”.

Le fibrillazioni aumentano e al Quirinale non sfuggono i movimenti che sembrano segnare la fine della “quarantena” politica. L’appello del presidente Sergio Mattarella alla collaborazione tra le forze politiche per affrontare l’emergenza non ha mai davvero attecchito.

Ma ora sembrano riprendere manovre per cambi di governo. Persiste una suggestione di esecutivo tecnico, magari con un nome come Mario Draghi alla guida. Non solo però, come dice Conte, è difficile che l’ex presidente della Bce si faccia “tirare per la giacchetta”, ma appare anche arduo che si formi una maggioranza larga in Parlamento per un governo tecnico (ricorre anche il nome di Vittorio Colao, di cui Conte esclude un ingresso nel governo).

L’altro sbocco, se si aprisse una crisi, potrebbero essere le elezioni, ma quello scenario per il Colle non è all’ordine del giorno, anche perché l’instabilità non aiuterebbe né sui mercati né nella lunga partita in Ue che si aprirà giovedì.

Il terzo scenario è quello di cui si discute in queste ore negli ambienti parlamentari: un cambio di maggioranza, magari con l’ingresso di Fi e l’uscita di un pezzo del M5s.

Matteo Renzi si dice concentrato sulla ripartenza ma fonti di Iv non escludono che a fine maggio si apra il varco a un nuovo governo, magari con premier tecnico o Pd. O un Conte ter?

A questo scenario credono coloro che vedono nell’intervista di Conte al Giornale di proprietà di Silvio Berlusconi come un segnale a Fi. Che il Cavaliere tenga una linea più dialogante e possa valutare l’adesione alla maggioranza in nome della responsabilità, non è un mistero.

Contatti tra Fi e maggioranza ci sarebbero stati anche per le nomine ma non andati in porto. Proprio sulle nomine e sulla battaglia contro la riconferma all’Eni di Claudio Descalzi, Di Battista si è messo alla guida di una fronda M5s. Ma l’intesa chiusa venerdì sui vertici delle partecipate, Descalzi incluso, sembra reggere.

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