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Cesare Colonnese a Zelig: il veneziano non è un mona

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perche’.

Cosi mi sono messo in viaggio con un poco economico freccia bianca, verde o grigia non ricordo bene, so che e’ costato parecchio e so che oggi se uno volesse scegliere un treno accelerato e stare 24 ore stravaccato nel vagone, non potrebbe piu’.
Arrivo a Roma il giorno prima con l’intenzione di arrivare riposato al provino del giorno dopo.
Roma e’ sempre la stessa meraviglia.
Un po’ piu’ assediata, come Venezia. Un giro a Trastevere, una visita obbligata all’infagottata fontana di Trevi semichiusa per lavori in corso e un gelato meno costoso di quello preso (e mai pagato) in Piazza Venezia qualche anno prima, al prezzo di 18 euro.

L’orario di convocazione per la mattina e’ alle ore 11 e 30. Arrivo puntualmente anzi con un ora di anticipo e mi siedo dopo aver preso un caffe’ristretto.
E’ una stanza dai muri bianchi, senza finestre, situata in un ala di un Teatro. Lì le ore passano, mezzogiorno, le due, le tre, le quattro.
Non tocca mai a me, sono il trentaduesimo. Per rendere l’attesa meno snervante esco e in un piccolo locale adiacente mi rimpinzo di pizza di tutti i generi.
Il solito cretino, penso tra me stesso, che quando ha un momento di sconforto apre la bocca e ingerisce tutto quello che gli capita. Mi dia anche un arancino per favore. Giusto per darmi il colpo di grazia.

Alche’, ho lo stomaco fin troppo pieno e quindi ci vuole un altro caffe’. Un caffe’ ristretto per cortesia. Anzi sia gentile, me lo corregga con la grappa, dico in quell’istante.
Poi ingerendo il caffe’ mi vien da pensare: Cesare, ma ti stai bevendo un caffe’ corretto? Quando mai hai bevuto un caffe’ corretto in vita tua? Ho sorriso e mi son sentito giustificato dall’emozione di trovarmi lì e da quella attesa snervante e senza fine.

Cinque, sei, sette, sette e trenta. Arriva il mio turno.
Quando mi chiamano guardo l’orologio e penso: meno male che son venuto un giorno prima per dare il meglio di me. Ero rovinato. Se fossi andato a letto in quel momento mi sarei svegliato solo dopo due giorni.
Mi chiamo Cesare Colonnese e vengo da Venezia.
Come mai sei venuto a Roma a fare i provini per zelig, invece che andare a Milano? Perche’, rispondo io, “Memore di vecchi ricordi, quando mi si e’ presentata la possibilita’ di scegliere dove far i provini per far parte della famiglia di Zelig ho scelto Roma. Ecco perche’.” E sorrisi.

Inoltre, aggiunsi, ricordando come si divertivano i miei amici romani nel sentirmi parlare, ho pensato che forse qualche battuta in dialetto veneziano potesse portare una ventata di novita’.
Ah, perche’ pensi che le persone qui presenti si sbragheranno dal ridere sentendoti parlare in veneziano? Prego,sentiamo.

Ecco, in quel momento avrei potuto abbandonare la scena e ringraziare, ma la grappa ingerita era troppo poca. Ancor di piu’ ho sentito il bisogno di parlare veneziano.
Ho fatto un monologo divertentissimo sul servizio militare. Monologo che molti di voi conosceranno per averlo sentito a Teatro.
Di fronte a me vedevo delle faccie stanche, inespressive, nessuno rideva. Anzi, nessuno sorrideva.
A me veniva da ridere nel non vedere nessuno sorridere. Mi pareva impossibile che di fronte a una storia del genere nessuno sorridesse. Forse la gente e’ ormai prevenuta dalle parole di questo autore pensai.

E’stato deludente osservare che non vi era entusiasmo, non vi era interesse. Interesse di cogliere le sfumature del mio dialetto, della mia lingua. Una lingua simpatica, divertente, bella da sentire. Non ho visto espressioni, segni sul viso. Niente.
Ho pensato sulla strada del ritorno a tutte le volte in cui stavo vedendo un programma comico e ho girato canale perche’ le persone non divertivano e non facevano ridere. Forse quel che di certe trasmissioni fa piu’ ridere e’ che c’e’ un gregge di pecoroni che ride quando non c’e’ niente da ridere. Saranno pagati mi vien da pensare.
E quel che mi delude e scoccia un po’e’ che nelle televisioni sembra che per far divertire tu debba essere romano, fiorentino o siciliano. Quel dialetto lo devi capire a tutti i costi tu che vivi al nord, altrimenti fatti tuoi, gira canale. Cosa che faccio quasi puntualmente.

Quando si sente parlare in veneziano in televisione, e’ perche’ qualcuno del sud lo imita e lo ridicolizza facendo passare il veneziano per quello che non e’. Un mona.
Peccato che finora questo spazio di pochi minuti io non sia riuscito ad ottenerlo.Forse un giorno ci riusciro’ e vi assicuro amici italiani che i sorrisi si estederanno dal nord al sud indistintamente.
Anche le risate. In veneziano, almeno in parte !

Un calderino a tutti
dal Vs.
Cesare Colonnese

04/11/2014

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6 persone hanno commentato. La discussione è aperta...

  1. Lontani i tempi in cui per televisione davano, in dialetto, le commedie di Goldoni con il bravissimo Cesco Baseggio!!
    Sono veneziana e, nonostante io abiti da 59 anni a Roma, parlo perfettamente il dialetto grazie ai miei genitori che lo hanno sempre parlato in casa. I miei nipoti, tutti nati a Roma e parlanti romano, capiscono benissimo il veneziano e anzi, alcune parole veneziane fanno parte del loro linguaggio, tipo “scoasse”: guai a dire immondizie!!! Ogni dialetto ha una sua bellezza!
    Certo, non per tutti è comprensibile il veneziano, il napoletano, il genovese, ma basta un pò di buona volontà e, perchè no, le didascalie per quelle parole veramente incomprensibili!!!

  2. Hai perfettamente ragione, Cesare… ieri avevo lasciato un commento sotto questo all’articolo, ma ho notato che non è stato pubblicato, purtroppo… Mi riferivo al fatto che tra un po’ molte trasmissioni e fiction dovranno avere le didascalie per la comprensione, nella fattispecie quell’orribile trasmissione “Made in Sud” dove molte volte l’incomprensione del dialetto parlato troppo stretto arriva a rasentare la mancanza di rispetto per lo spettatore!

  3. Tra i dialetti, Cesare carissimo, hai dimenticato il napoletano… stasera in TV c’è un programma “comico” che si chiama “Made in Sud”, all’80% incomprensibile… evidentemente siamo una colonia… peccato, mi spiace molto per la tua esperienza negativa. Spero che la prossima volta ad ascoltarti e valutarti ci sia qualcuno di più attento e di larghe vedute… (e magari meno stanco?)

  4. hai proprio ragione Cesare, è un cliche’ che ormai si è troppo consolidato… personalmente amo Roma ma non sono d’accordo che quasi tutti quelli che fanno la tv debbano essere romani e parlare quasi in dialetto per televisione…

  5. Caro Cesare ,al di la del fatto che a me la tua comicità piace moltissimo, e che la parlata veneziana che purtroppo non riesco a imparare ma che amo come fosse la mia ,e ‘ straordinariamente ricca di sfumature , di battute ,di modi di dire ecc c ‘ e da dire che sempre di più mi accorgo che Venezia ,quella vera ,quella che va oltre la pur stupenda piazza san Marco, e che a me è’ dato l ,onore di cominciare a conoscere ….non è per tutti.

  6. Mi dispiace moltissimo, Cesare: credo che meriteresti ben più di altri “comici” di calcare un palco con un pubblico nazionale.
    Il veneziano è un bellissimo dialetto, ricco sonoro e divertente, e purtroppo la ridicolizzazione che citi è ormai consoildata nel panorama italiano.

    Tuo meridionalissimo fan :)

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