È dura la reazione del presidente di Municipalità di Marghera Gianfranco Bettin alla piastra di collegamento presentata qualche giorno fa dal sindaco Luigi Brugnaro, come progetto per ricucire due parti della città e riqualificare la stazione. «Il voto della Municipalità alla delibera sarà contrario», anticipa Bettin.
Per il presidente, «nel progetto rilanciato (sarà la terza o quarta volta) tutto ciò che vi è davvero di concreto sono un paio di alberghi e di immobili a uso direzionale e un garage multipiano (generatore di traffico a ridosso e all’interno dell’abitato). Quello che, molto tempo fa, era un progetto nato con l’obiettivo di riqualificare e rigenerare un’area cruciale di Marghera, non è diventato altro che un piano di investimenti privati, a cui l’amministrazione lascia mano libera».
Giovedì, spiega Bettin, il Consiglio di Municipalità ha visto «come l’amministrazione comunale abbia respinto tutte le osservazioni volte a valorizzare questi aspetti urbani. Per questo la Municipalità ha respinto (con i voti contrari di Pd e “rossoverdi” e del M5S e quelli favorevoli di Lista Brugnaro e Lega) la delibera con cui il Comune boccia le osservazioni».
E a Bettin voglio bene. Si. In questi anni l’ho immancabilmente contestato ma l’ho fatto sempre con grande rispetto. Me lo ricordo specialmente livido nella seduta del 30 gennaio 2012 del consiglio comunale, quando da assessore all’ambiente approvò come una statua di sale i 52 ettari di nuovo edificato a Tessera City, quando non accolse l’emendamento contrario alla sublagunare né quello contro i cambi d’uso alberghieri, quando approvò una fantomatica “linea di forza” per trasportare i turisti da Tessera alle fondamente nuove, quando dette il suo assenso alla variante del piano regolatore che avrebbe fatto sorgere i nuovi mega alberghi alla stazione di Mestre. Me lo ricordo, lì in fondo, plumbeo e silente, ad aspettare di poter premere quel maledetto pulsante verde per poi tornarsene a casa, per chiudere quella farsa. Lo contestavo, ma con rispetto. Me lo ricordavo infatti giovane a Santa Marta raccontato nelle righe di quel suo romantico libello che narrava un “Qualcosa che brucia”. In quella triste giornata d’inverno quel “qualcosa” da qualche parte lì sotto doveva pur continuare a bruciargli.
Tra le tante porcate che quel piano di assetto del territorio conteneva e contiene, una in particolare allora mi colpì, ed era relativa al passaggio delle grandi navi in laguna. La giunta Orsoni propose altri 18 mesi di “studi” per “definire delle alternative al passaggio delle grandi navi davanti a San Marco”. Una dilazione evidentemente pilatesca. Poi di anni senza alcun studio ne sono passati due e Orsoni fu infine svegliato una bella mattina all’alba dalla guardia di finanza, e quindi di anni ne sono passati altri sei, per complessivi mesi 96, e di alternative a quelle navi non se ne sono scavate che a forza di motori che grattano sul fondo. E così anche oggi -otto anni dopo- un Bettin dai capelli imbiancati ci illumina ancora, imperturbabile: “sulle grandi navi troveremo la quadra”.