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L’epilogo dei banchi a rotelle a Venezia che alla fine non ha voluto nessuno

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Se i banchi a rotelle avessero la voce, direbbero insomma, dove dobbiamo stare?
Certi di essere accolti in una scuola, a tu per tu con i ragazzi, sicuri nel loro scorrevole andare in qua e in là fra le aule e i corridoi con gli studenti che s’inseguono, giocano con loro, e proprio in casa della più bella città del mondo, adesso aspettano un camion che li porti in terraferma a ‘ingombrare’ i centri di raccolta.
Non proprio una fine onorevole per loro.
Eppure su quei banchi molto e in molti hanno contato, quando la pandemia ha sollecitato la fantasia e l’ha spinta a sceglierli, in assoluta buonafede, ritenendoli utili per i distanziamenti necessari fra ragazzi e insegnanti.

Forse si poteva prevedere che non sarebbero stati adatti ai ragazzi che devono stare seduti tante ore a scuola, si poteva immaginare che i piccoli tavolini che si aprono per consentire di scrivere sui quaderni o leggere i corposi libri di testo, non avrebbero consentito di star bene in classe.
Se si aggiunge poi che gli studenti lamentavano mal di schiena, si ha la percezione prima e la certezza poi, che i banchi a rotelle, non erano la soluzione al problema del distanziamento, anche considerando che le aule, spesso all’interno di antichi palazzi, sono di misure disomogenee.
E soprattutto sul fatto che il numero degli studenti per classe è troppo numeroso, non solo per le misure prudenziali legate al contagio, ma anche per motivi di didattica e di attenzione che i ragazzi si meriterebbero. A dire che non è solo una questione di sedie.

Ci scusino l’inciso, le nostre lettrici e i nostri lettori, quando ricordiamo un po’ fuori campo, ma non fuori tema, che il mal di schiena ai bambini e agli studenti lo provocano anche gli attuali e oggi rivalutati banchi, ospitati nelle scuole.
Tutti uguali, indipendentemente dall’altezza di ogni allievo.
Poi gli insegnanti raccomandano di stare seduti in modo corretto, schiena dritta e altro ancora.
Un guaio per i più alti, un guaio per i più bassi.
Per la cronaca e per uno sguardo attento anche ai banchi ‘normali’ di cui nessuno si lamenta.

Così, i banchi a rotelle sono finiti nel barcone attraccato al canale di fronte al Liceo Benedetti a Santa Giustina e il loro transito non è passato inosservato.
Quella vista di ammasso di banchi con le rotelle, sono la testimonianza di un progetto andato a monte, anche se le intenzioni erano meritevoli e di ben altra portata.

La Dirigente del Benedetti -Tommaseo, Stefania Nociti, prima di arrivare ‘allo sgombero’, ha tentato di donarli al Comune, alla Città metropolitana, di offrirli a enti e istituzioni un po’ dovunque, anche in altre città, fino a Roma.
Purtroppo quei banchi hanno sortito poco gradimento anche altrove, per i motivi ormai noti. E non li ha voluti nessuno.

Ora sono molti i politici che s’indignano per quella spesa considerata ‘uno spreco’.
119 milioni di euro andati in fumo, sono davvero tanti, ma insieme a questa valutazione, va detto che la preside del Benedetti, nel periodo acuto della pandemia ha favorito tutte le norme di prevenzione, fino a sperimentare l’utilizzo di pannelli in plexiglass durante gli esami di maturità, per prevenire ogni possibile contagio fra insegnanti e docenti.

Ora che i banchi a rotelle sanno di essersi trasformati in rifiuti ingombranti, ora che ingombranti dichiarazioni stanno spuntando da ogni dove per esprimere l’indignazione per i soldi andati in fumo, ora che si darà sfogo a questa ira per accostarla alla polemica politica di rito (che non va mai al macero), ora che qualcuno minaccia esposti alla Corte dei Conti, non resta che considerare che l’errore poteva forse essere prevenuto se si fosse pensato ai ragazzi, al numero compatibile con il distanziamento di studenti per classe, al loro tempo scuola con tante ore da star seduti.

Se si fossero interpellati specialisti in ortopedia per suggerire il tipo di sedia adatta a non far venire il mal di schiena, forse questo guaio si poteva evitare.
Per non parlare del peso degli zaini che spaccano la schiena. Qui più che di specialisti ci sarebbe bisogno del buonsenso.
Piccola divagazione per dire, che oltre al naturale accanimento degli indignati, sarebbe opportuno buttare un occhio anche su altre questioni che riguardano i ragazzi, a costo zero in termini economici e con qualche costo in più in termini di ascolto.

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  1. 119 milioni di euro di tasse versate dai contribuenti finiti nee scoasse e non succede niente, poi beccano un barista che non fa lo scontrino per un caffè e lo mettono in croce.

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