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Bambini positivi al coronavirus: 230 casi e 2 morti tra Kawasaki e shock tossico

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Bambini e coronavirus, covid, Kawasaki e shock tossico: si è aperto un fronte in cui ci sono 230 casi di bimbi sospettati di esser stati colpiti da questo nuovo tipo di sindrome infiammatoria in Ue.

230 casi sospetti tra i piccoli della nuova sindrome infiammatoria multisistemica associata al Covid-19, tra cui, purtroppo, due morti, uno in Francia e l’altro nel Regno Unito.

I sintomi, tra cui febbre, dolori addominali e problemi al cuore, sono un misto tra la sindrome di Kawasaki e quella da shock tossico, come segnala un bollettino del Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc).

Attualmente, rileva l’Ecdc, gli studi epidemiologici hanno mostrato che i bambini tra i 0 e 14 anni sembrano essere meno colpiti dal virus SarsCov2: rappresentano solo il 2,1% di tutti i casi confermati in laboratorio.

Diversi paesi europei, colpiti dall’epidemia, hanno però segnalato recentemente casi di bambini ricoverati in terapia intensiva per una rara sindrome infiammatoria multisistemica, che si è ipotizzato essere collegata al Covid-19, visto che molti di questi bambini sono risultati positivi al coronavirus.

Al momento non è stato ancora confermato con certezza il legame tra il Covid-19 e questa malattia pediatrica, anche se, allo stato, appare plausibile.

Per questo motivo l’Ecdc continua a considerare basso il rischio complessivo di Covid-19 per i bambini in Europa, sulla base della probabilità di avere la malattia e il suo moderato impatto.

Mentre la gestione clinica di questi bambini ha l’assoluta priorità, la raccolta dei dati dagli stati membri dell’Ue e il Regno Unito dovrebbe aiutare a capire meglio, secondo il Centro Europeo, questa rara condizione e permettere una migliore analisi dei casi, chiarendo la sua incidenza, identificando i gruppi di età più colpiti e i fattori di rischio.

A livello europeo si è comunque raggiunto l’accordo di includere questa malattia tra le possibili complicanze del Covid-19, e si invita a informare gli operatori sanitari e i genitori sui suoi sintomi.

(foto da archivio)

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