NOTIZIE VENEZIA | Aveva 33 anni il commissario capo Alfredo Albanese quando venne ucciso sotto casa dalle Brigate Rosse. Era a capo della sezione antiterrorismo della Digos di Venezia e il giorno prima del suo omicidio era stato a casa della famiglia Sabbadin per riferire al figlio Adriano che aveva scoperto il nome dell’assassino di suo padre Lino: quel nome era quello di Cesare Battisti.
La moglie di Albanese aspettava un bambinoQuel figlio oggi ha 33 anni come suo padre quando venne trucidato e porta il suo stesso nome. Quel giorno, era il 12 maggio del 1980. E ogni anno lo “sbirro” che dava la caccia ai terroristi viene commemorato dalla Polizia di Stato, da tutte le forze dell’ordine e dalla società civile. Anche se molti mestrini di nuova generazione, quel nome, Albanese, non sanno a chi si riferisca. Non sanno che il parco della Bissuola è intitolato a suo nome, come un cippo al centro dell’area verde, come la caserma della questura di Venezia a piazzale Roma, come una lapide marmorea realizzata dal Comune di Venezia nel 2001 proprio in via Comelico nel luogo dove avvenne l’omicidio.
Al campo sportivo di Zelarino i colleghi di quello “sbirro” vecchia maniera che dal 29 gennaio del 1980 indagava sull’omicidio dell’ingegner Sergio Gori, avvenuto in viale Garibaldi (anche lui sotto casa, stessa tecnica, stessa firma) e che era vicino alla loro cattura, lo ricordano con un torneo di calcio intitolato alla sua memoria. E alla premiazione interviene sempre anche Teresa, la vedova del commissario. Lo fa assieme alla figlia di Sergio Gori, Barbara.
Tutto avviene davanti ad un gruppo di studenti delle scuole veneziane e mestrine. Loro, che non sanno ma che devono sapere. Loro che devono capire e conoscere per fare in modo che tutto ciò non si ripeta. Mai più.
Raffaele Rosa
[redazione@lavocedivenezia.it]
Riproduzione Riservata
[13/05/2013]