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Si abbassano le tasse per il ‘ceto medio’

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Si ritorna a parlare di tasse, ma questa volta c’è una buona notizia: si abbassano le tasse del ‘ceto medio‘, la categoria di persone più popolosa della stratigrafia sociale. C’è il nulla-osta delle Camere alla riforma dell’Irpef, non si parla più di patrimoniale ma in compenso spariranno diverse micro-tasse da sempre mal sopportate.
La conferma arriva verso sera: in arrivo una sforbiciata allo scaglione Irpef ‘di mezzo’, quello che colpisce proprio il ceto medio, giù le tasse sul lavoro, semplificazioni a gogo, rivisitazione del rapporto tra cittadini ed amministrazione finanziaria, nuova lotta all’evasione, giù l’Iva ovvero “semplificazione e possibile riduzione dell’aliquota ordinaria attualmente applicata”.
E via le tanto odiate ‘microtasse‘: dal superbollo alla tassa sul rumore degli aerei.
Sciolto il nodo sul forfait per gi autonomi (“bene ma ci sono criticità da affrontare”) mentre non si accenna più alla patrimoniale che invece compariva nelle prime bozze del documento (bocciato un emendamento del Pd sul riordino complessivo anche dei valori catastali).
E le rottamazioni? Positive, favoriscono gli adempimenti anche se c’e’ da rinforzare ancora e non poco la lotta all’evasione.

Le commissioni Finanze di Camera e Senato hanno licenziato un lungo documento (Leu astenuta, Fdi contraria, favorevoli tutti gli altri) nel quale si tracciano le linee guida della prossima riforma fiscale che, tra le molte riforme ora ‘sul fuoco’ dovrà vedere la luce, grazie ad una delega al Governo, entro il 31 luglio.
Un percorso certo non semplice, più volte tentato dai precedenti governi, che deve fare anche i conti come sempre con le risorse.
Punto sul quale le commissioni parlamentari identificano però una possibile ‘fonte’: la revisione dei moltissimi sconti che il fisco concede, a volte per pochi casi, ai cittadini.
Il tutto con tre obiettivi dichiarati: stimolare la crescita abbassando in alcuni casi il ‘peso’ del prelievo, sfoltire e semplificare e rendere meno distorsivo il trattamento fiscale dei fattori produttivi, cioè agire su capitale e lavoro.
L’approvazione del documento, (Leu astenuta ed Fdi contraria), viene salutata dal presidente della Commissione Finanze della Camera, Luigi Marattin (Iv): grazie al collega presidente della Commissione Finanze di Palazzo Madama, Luciano D’Alfonso e a tutte le forze politiche, comprese le due che non hanno votato a favore (Leu astenuta ed Fdi contro, ndr), per sei mesi di lavoro serio e competente. Il cammino della riforma fiscale è ancora lungo, ma possiamo dire che stasera ha preso il via col piede giusto.”

Molte le proposte anche sul fronte delle aziende e su quello ‘nuovo’ della tassazione ‘green’: dal superamento dell’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive, alla semplificazione dell’Ires fino ad una rateizzazione più corposa per alleggerire l’impatto sui lavoratori autonomi.
Mentre per l‘Iri si raccomanda la reintroduzione del regime opzionale.
E’ prevista anche una profonda revisione dell’imposizione sulle rendite finanziarie ma non un calo come invece era ipotizzato nelle prime bozze del documento.
Si punta inoltre all’ ”elevazione al rango costituzionale di alcune parti dello Statuto del contribuente”. Nel testo si spiega che il Governo dovrebbe puntare a “ridefinire la struttura dell’Irpef” con un abbassamento dell’aliquota media effettiva con particolare riferimento ai contribuenti nella fascia di reddito tra i 28.000 e i 55.000 euro.

Flat tax per le partite Iva e patrimoniale restano sospese in un “nodo politico da chiarire” rinviando così alle scelte dell’esecutivo due misure ‘bandiera’ delle forze politiche che sostengono il governo.
Per i redditi finanziari (attualmente tassati mediamente al 26%) si auspica un intervento complessivo di rivisitazione che preveda la creazione di un’unica categoria “redditi finanziari” e l’unificazione del criterio e la modifica della tassazione della previdenza complementare.
Infine per i tributi locali si auspica di “non archiviare un’aspirazione riformatrice più completa, in grado di rivedere strutturalmente la legge sul federalismo fiscale” e questo per “adeguarne i principi ispiratori ai pilastri di autonomia e responsabilità, che di prevederne una completa attuazione”.


 

Perplesse le organizzazioni sindacali che parlano di una riforma che al momento non sembra portare ad un fisco più equo e più giusto e chiedono di essere ascoltati in un confronto anche su questo tema.
Già settimana scorsa i lavori si erano incagliati sui provvedimenti “bandiera”: patrimoniale, con annessa tassa di successione, e flat tax per le partite Iva.
Mentre sull’abbassamento delle tasse sul terzo scaglione dell’Irpef con una revisione del meccanismo delle aliquote che gravano sui redditi del ceto medio dipendente c’è sempre stata ampia condivisione.

Come promesso, il Parlamento ha prodotto entro il 30 giugno l’accordo ai punti “Regime Forfettario” e “Riordino della Tassazione Patrimoniale a parità di gettito”.
Tra poco avremo i dettagli del progetto globale che metterà mano al regime di flat tax per le partite Iva, le cedolari per le locazioni, l’Imu, e sul catasto.

Punto principale dei lavori sarà una revisione delle aliquote dell’Irpef che porti a un riduzione della tassazione sui redditi Irpef da lavoro, in particolare sul terzo, e più tartassato, scaglione (28.000-55.000 euro).
Al momento, non c’è ancora una linea comune su come si interverrà tecnicamente sulle aliquote (sistema tedesco con aliquota continua oppure intervenendo su scaglioni, aliquote e detrazioni), in ogni caso il beneficio del bonus Renzi verrà assorbito dall’aliquota.

Accordo raggiunto anche sul superamento dell’Irap che grava sulle imprese e che – “raccomandano le Commissioni” – dovrebbe essere riassorbita nei tributi attualmente già esistenti il tutto nell’ottica di una maggiore semplificazione. Le Commissioni sono anche concordi nel rivedere la disciplina delle aliquote Iva “con una semplificazione e una possibile riduzione dell'”aliquota ordinaria” oggi al 22% attraverso un specifica “delega al Governo” che quindi potrebbe valutare la possibilità di reintrodurre un’aliquota più alta per i beni di lusso. I punti emersi dalle Camere non convincono però i sindacati.

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