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1946. La nascita della Repubblica e il voto alla Donne. Di Andreina Corso

Ha quasi cento anni e vive a Venezia. Il 2 giugno del 1946 ha votato per la Repubblica. Benedetta quella crocetta. Di Andreina Corso.

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Ha quasi cento anni e vive a Venezia. Il 2 giugno del 1946 ha votato per la Repubblica.
“Benedetta quella crocetta”, dice con gli occhi sorridenti, mentre ricorda quel giorno che ha spalancato le porte alla speranza e a una nuova e tanto anelata civiltà.
Sì, le donne si recano per la prima volta in massa alle urne, anche se già il 10 marzo del 1946 avevano esercitato il diritto di voto durante le elezioni amministrative in alcuni comuni.
È il punto di approdo di un lungo percorso e di una storia che segna il Novecento ma che ha origini nelle spinte suffragiste dell’Ottocento e nella battaglia di donne come la signora veneziana, che ha sempre saputo da che parte stare.
Casalinghe, operaie, intellettuali, militanti, tutte dentro quella crocetta benedetta, tutte a pari merito dentro quella casellina che ha isolato quell’altra, quella della monarchia.
Il voto delle donne è un momento decisivo del processo di ricostruzione dell’Italia e una svolta radicale nella storia del paese: non fu una concessione, ma una conquista ottenuta anche con la partecipazione attiva delle donne alla lotta di liberazione.

Con la resistenza le donne entrano nella storia e diventano soggetto politico: protagoniste degli scioperi del 1943, delle lotte del centro-nord, della liberazione di Napoli, partigiane, staffette, organizzano la resistenza civile. Sulla partecipazione delle donne alla resistenza si fonda anche la conquista (pur esile ancora) dei loro diritti civili, sociali e politici.
“Benedetta quella crocetta”, ripete alla figlia che l’ascolta. “In quel momento ho capito che il voto, il destino del nostro Paese dipendeva anche da me. Avevo tante cose da dire e anche di cui lamentarmi e volevo cambiare il destino delle donne, sapevo che la democrazia mi avrebbe permesso di contribuire a cambiarlo, questo mondo”.
È bella e genuina come una bambina, la nostra signora, il tempo non l’ha piegata, anzi, le ha donato una speciale spiritualità, una tranquillità consapevole che contagia chi le sta accanto. Il volto pallido, gli occhi scuri in un corpo magro che sta bene con lei, con le sue emozioni.

Il 2 giugno la percentuale delle votanti fu quasi uguale a quella maschile, 89% le donne e 89,2% gli uomini, e nelle amministrative furono elette quasi due mila consigliere comunali.
Le ventuno elette all’Assemblea costituente, le nostre madri costituenti, hanno aperto, con il loro lavoro, la possibilità delle riforme dei decenni successivi.
Nella notte tra il 12 e il 13 giugno 1946, in seguito al risultato del referendum, il Presidente Alcide De Gasperi assunse le funzioni di Capo provvisorio dello Stato mentre l’ex re Umberto II lasciò l’Italia prima ancora di attendere l’esito dei ricorsi presso la Corte di Cassazione.
Ma il 2 giugno del 1946 è una data importante anche perché determinò la scelta dei componenti dell’Assemblea Costituente incaricati di redigere la Carta costituzionale. Questa fu terminata il 1° gennaio 1948 ed è in vigore ancora oggi.
È lunga la storia delle battaglie delle donne: fino al 1953 non potevano far parte di una giuria popolare, fino al ’63 non avevano accesso in magistratura, gli articoli del codice civile che si scontravano con la parità dei coniugi sancita nella Costituzione sono stati riformati solo negli anni ’70, le leggi a tutela delle lavoratrici negli anni, a poco a poco, hanno messo un argine alle discriminazioni. C’è però ancora tanta strada da percorrere.


 

E la strada della signora veneziana?
“Io, più che una signora, una donna, ero una compagna partigiana, la mia fede per la giustizia, il mio amore per la libertà mi ha fatto fare cose incredibili. Ero un’incosciente e con mio padre nascondevamo in soffitta i perseguitati, giravamo in barca sui canali a portare da mangiare a chi non poteva rischiare di circolare per la città, sognavo quel momento, quella pace conquistata e sapevo che tutto il popolo doveva contribuire facendo le cose giuste”.
La signora parla come se avesse vent’anni, i sui cent’anni sono pieni di forza e gli occhi tradiscono orgoglio e gioia nel raccontare. “Dopo la guerra, la vita era tutta da ricostruire e quella parola Repubblica, a guerra finita me la sono goduta, la pronunciavo ad alta voce, perché volevo essere sicura che fosse vera”.
E ancora sorride alla figlia che la guarda ammirata, mentre le racconta, ancora una volta, che suo padre le raccomandava di studiare, di leggere, di aver sete di conoscere, perché solo così ci si salva e non si rinuncia al rispetto degli altri.


“E tua nonna, quando non era d’accordo con lui, alzava la voce e gli diceva che in casa comandava lei e che ci fosse poco da discutere. Io me la godevo e pensavo che le donne sono forti, sono grandi e che saremmo state noi a rivendicare diritti, a cambiare il mondo, a essere noi a creare la Pace”.

Quanto al rapporto tra pace e diritti, Norberto Bobbio, in un saggio del 1982 intitolato per l’appunto I diritti dell’uomo e la pace, afferma: “Se qualcuno mi chiede quali sono secondo me i problemi fondamentali del nostro tempo, non ho alcuna esitazione a rispondere, il problema dei diritti dell’uomo e quello della pace. Fondamentali nel senso che dalla soluzione del problema della pace dipende la nostra stessa sopravvivenza, e la soluzione del problema dei diritti dell’uomo è l’unico segno certo del progresso civile”.
E si affretta ad aggiungere: “Considero i due problemi insieme perché sono strettamente connessi. L’uno non può stare senza l’altro. Spesso lo si dimentica ma è bene ricordarlo”. A favore della stretta connessione fra pace e diritti faceva poi seguire alcuni argomenti che è opportuno ripercorrere. Il primo riguarda il diritto alla vita. “Durante la guerra e la prosecuzione di ogni sorta di ostilità il diritto alla vita non solo non è assicurato ma è richiesto da ogni stato belligerante ai propri cittadini il sacrificio della vita, della libertà e del diritto a vivere”.(Fonte Open Edition)


 

La signora veneziana l’ha indossata tutta la sua vita e il suo pensiero è libero, il Covid non l’ha contagiata, si è sottoposta a tutte e due le vaccinazioni, dalle finestre della sua casa entra un sole caldo e un’aria frizzantina profumata di gelsomino. E ancora sospirando ripete: “Benedetta quella crocetta”.

Andreina Corso

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