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Wuhan un anno dopo: tutti a fare festa con ostentazione

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Wuhan, un anno dopo. Un anno fa il lockdown e ora tutti fanno festa, le discoteche sono piene, ma sotto sotto resta la paura.
Esattamente un anno fa, il 23 gennaio 2020, un sms bloccò tutti, tutta la città.
Wuhan ha festeggiato, quasi ostentandola, la sua riconquistata normalità a un anno dal lockdown.
Fu una decisione drastica che bloccò i suoi 11 milioni di abitanti, per 76 giorni, per frenare il virus che provocava quella ‘polmonite misteriosa’.
L’inizio da cui scaturì la pandemia del Covid-19 che ha cambiato il mondo.
Il 23 gennaio 2020, alle 10 del mattino, suonarono le sirene e un sms bloccò la città con una mossa così audace che non era mai stata tentata prima.
Fu impartito l’ordine a tutta la gente, di ogni ordine e grado, di chiudersi in casa. Era il momento in cui gli ospedali che non erano più in grado di accogliere i malati.
Oggi, le strade del capoluogo della provincia di Hubei, dove per primo fu rilevato il nuovo coronavirus, si sono riempite di vita, tra ingorghi stradali, parchi pieni e trasporti pubblici affollati, come ampiamente

riferito dalle immagini dei media statali. Feste e balli si verificano come e più di prima.
I contagi a Wuhan hanno superato quota 50.000, ma quelli da maggio, quando le autorità decisero di effettuare i tamponi all’intera popolazione, sono stati poco più di una ventina, secondo i dati delle autorità sanitarie, con un bilancio totale delle vittime fermo a 3.869.
Ma nonostante il clima di ritrovata normalità a Wuhan, la Cina è ancora alle prese con il virus e ora probabilmente teme una nuova ondata.
Hong Kong, è finita per la prima volta in lockdown mentre le province del nord di Heilongjiang, Hebei e Jilin stanno affrontando preoccupanti focolai che sembrano non risparmiare anche Shanghai (sono state cordonati due ospedali e le aree limitrofe nel centralissimo Bund) e la stessa Pechino.
La capitale ha completato proprio oggi i test di massa su 2 milioni di residenti

nei distretti centrali di Dongcheng e Xicheng, che ospita la blindatissima Zhongnanhai, il compund della leadership comunista.
Altri due distretti, Daxing e Shunyi, sono finiti in settimana in semi-lockdown, a maggior ragione dopo il ritrovamento di due casi della temuta “variante inglese”, rendendo la situazione “complicata”.
Il presidente Xi Jinping diede lo scorso gennaio l’ordine di “difendere la capitale a ogni costo”, come fosse in guerra, tutelandola dal coronavirus.
Quella in atto non ha ancora i contorni della temuta nuova ondata, ma in tre settimane i casi di Covid rilevati sono stati più di 2.000, con numeri costanti oltre il centinaio giornaliero: venerdì, ad esempio, sono stati 107, ha riferito la Commissione sanitaria nazionale, di cui 90 trasmessi localmente e 17 importati dall’estero.
I timori delle autorità cinesi sono alimentati poi dalle centinaia di milioni di viaggi interni in vista del Capodanno lunare che parte ufficialmente il 12 febbraio.
Lo scopo era di arrivare alla data ad almeno 50 milioni di vaccinati contro il Covid, soprattutto

tra le categorie più a rischio ed esposte in prima linea al rischio contagio.
Il grande esodo del ‘Chunyun’ di solito registra circa 3 miliardi di viaggi interni, sostenuti da 300 milioni di lavoratori migranti che tornano a casa.
Il governo ha “invitato” a evitare viaggi rinviabili, a cominciare dai dipendenti pubblici, mentre le diverse province hanno istituito periodi di quarantena per chi viene da fuori al fine di scoraggiare gli spostamenti.
I media cinesi hanno stimato un crollo dell’esodo di circa il 40%, tale però da mantenere viva la preoccupazione della leadership comunista.
Il team di esperti dell’Oms, intanto, è ancora confinato per la quarantena in un albergo di Wuhan prima di poter avviare gli incontri previsti nella missione che dovrà appurare le circostanze dell’apparizione della malattia.
La stessa agenzia dell’Onu ha sottolineato che è ancora presto per confermare o meno che il virus sia partito dalla città.
“Tutte le ipotesi rimangono sul tavolo”, ha detto in una conferenza stampa a Ginevra il direttore per le emergenze




dell’Oms, Michael Ryan.
“E’ decisamente troppo presto per arrivare a una conclusione su dove esattamente il virus sia partito, all’interno o all’esterno della Cina”.
A livello globale, i casi accertati sfiorano i 100 milioni e i decessi hanno superato i 2,1 milioni.

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