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Vittorio Veneto, 19anni: uccide la ex fidanzata incinta e nasconde il corpo nel bosco

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Identificato assassinato all'argine del Po, lavorava al bar della stazione di Padova
Ha cliccato il tasto cancella, che la sua mente aveva scelto per fare tabula rasa del suo passato e con una violenza inaudita e sconvolgente, ha ammazzato la sua ex ragazza che da sei mesi portava in grembo il suo bambino. Adesso che ha una nuova fidanzata, lo studente moldavo Mihail Savciuc, 19 anni, ha deciso di eliminare quella scomoda realtà di nome Irina Bacal, anche lei moldava di 20 anni, diventata per lui uno scomodo ingombro di cui sbarazzarsi.

E come non approfittare di un incontro notturno travagliato, con lei che forse vorrebbe riallacciare il rapporto finito lo scorso autunno, che lo richiama alle sue responsabilità e lui che sotto la luna, unica testimone di quelle due figure sul prato che si muovono agitandosi e contrapponendosi, che chiude tutto quel “fastidio” fracassandole il cranio con una pietra.

La giusta punizione: in fondo gliel’aveva detto nei mesi scorsi che “doveva” abortire e lei, che si era rifiutata, non aveva obbedito, gli poteva rovinare la reputazione e la vita. Quel bambino non doveva esistere e Irina, che aveva minacciato di raccontare tutto alla nuova fidanzata, doveva tacere per sempre.

Detto fatto, per accertarsi che fosse morta definitivamente, la strangola, così l’ha davvero chiusa quella fastidiosa storia che si intrappolava nel suo nuovo legame. E poi, proprio perché non ne voleva più sapere, la trascina dai vigneti al boschetto vicino, la copre di rami e di foglie, le strappa la collana e gli orecchini e lascia il manichino distrutto, tra i rovi, così come si lascia un sacco di rifiuti nel contenitore sbagliato.

Poi, nei giorni successivi, va a vendere “i gioielli” di Irina in un negozio Compro Oro e sarà proprio questa ulteriore sconcezza a smascherarlo, a ravvicinare la verità e a interrogarci come possa essere descritto un ragazzo che con i soldi ricevuti, bottino di un massacro, va a giocarseli ai videopoker. Incoscienza, follia, schizofrenia? Materia che studieranno criminologi e psicologi, che tenteranno di capire come possa un ragazzo richiamato alle sue responsabilità, risolverle, negarle, compiendo un delitto così esecrabile.

E a chiederci come abbia potuto vivere la sua vita parallela, frequentando le lezioni, lo sport, scherzando con gli amici, come un inedito dottor Jekyll e mister Hyde in versione sgomento.

Irina, in Italia con la famiglia dal 2012, ora abitava con altre amiche a Conegliano, la vita se la guadagnava facendo la cameriera e quel bambino voleva tenerselo, accudirlo, amarlo. Non aveva parlato con nessuno della sua gravidanza, le amiche la ricordano come una ragazza discreta, gentile e disponibile. E’ la madre, preoccupata del silenzio della figlia, rispetto le consuetudini familiari mutate, a rivolgersi al Commissariato e ad aprire le ricerche, subito accolte dal dirigente della squadra mobile di Treviso Claudio di Paola, che indagando arriva al negozio Compro Oro e alla scoperta della vendita dei gioielli di Irina.

Mihail, in Italia da 10 anni, è uno dei tanti “mostri” della quotidianità che sembrano spuntare dal nulla, un ragazzo di cui tutti si sarebbero fidati e che ora sono sbalorditi e atterriti da quel che mai avrebbero pensato potesse succedere. Uomini difficili da aggettivizzare, (tanto è l’orrore che si prova ogni volta), che si aggiungono alla lista di quelli che ammazzano le donne, che senza pietà le eliminano e le dinamiche sono sempre le stesse. Si sa che si chiama femminicidio e un tempo non sfiorava le vite di ragazzi giovani, oggi questa pare essere una nuova tendenza, anche nelle generazioni vicine all’adolescenza.

Scandendo i modi e i tempi riportati da chi sta indagando, il ragazzo dopo il delitto non dà segni di disagio alcuno, con il suo solito cappello da baseball in testa, frequenta gli amici, usa i social net frequenta regolarmente l’Istituto Ipsia Pittoni di Conegliano e di quella crudeltà efferata di cui parlano gli inquirenti, non c’è traccia nei comportamenti di quello studente, che viveva con la famiglia a Godega Sant’Urbano.

Messo alle strette e incalzato dagli indizi che non ha potuto negare, a tarda notte, nel Commissariato di Conegliano, solo quando è arrivata la sorella maggiore, che lo ha sollecitato a parlare, ha ceduto all’emozione, ha confessato e accompagnato gli inquirenti sul posto del delitto.

Gli investigatori del Commissariato e della Squadra mobile di Treviso, l’avvocato Daniele Panico che assiste il ragazzo, il sostituto procuratore Mara Giovanna De Donà e i Vigili del fuoco hanno assistito ‘gelati’ al ritrovamento. Con loro Mihail è salito lungo via Manzana a Formeniga, e ha accompagnato gli investigatori tra le colline, sul luogo del delitto. La stessa luna dall’alto osservava quel prato dell’orrore. Da lì, al carcere di Santa Bona, il naturale tragitto.

Andreina Corso

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