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Variante Delta in aumento in Italia. Risale la curva

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La variante Delta fa risalire i casi in Italia, ormai tutti gli indicatori sono concordi. Ad eccezione di quelli sui ricoveri, ancora fortunatamente in diminuzione.
La variante Delta dunque preme l’acceleratore provocando la risalita della curva dell’epidemia di Covid in tutta Italia.
Lo confermano i dati diffusi dal Ministero della Salute, che consentono di fare il raffronto rispetto a 7 e 14 giorni fa.
Nelle ultime 24 ore il numero dei positivi è passato da 907 a 1.010, le vittime del Covid sono 14 mentre ieri erano state 24.
Numeri che gli esperti leggono come un andamento dissociato, quello a cui si è affidato il premier britannico Boris Johnson per le riaperture: la variante fa aumentare i casi ma non le ospedalizzazioni e i decessi.
Lo stesso ministro della Salute Roberto Speranza ha sottolineato che fino a due mesi e mezzo fa “avevamo 30.000 persone in ospedale e oggi sono 1.500, il 95% in meno. Avevamo 3.800 persone nelle terapie intensive e oggi siamo sotto i 190, ben oltre il -90%”. Per il matematico Giovanni Sebastiani, dell’Istituto per le Applicazioni del Calcolo ‘Mauro Picone’ del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Iac), con i numeri appena diffusi, “si conferma il trend di aumento della curva stimata per la percentuale dei positivi ai test molecolari a livello nazionale”.
In 28 province, inoltre, si rileva “che negli ultimi sette giorni l’incidenza è aumentata più del 50% rispetto ai sette giorni precedenti” e che “in 14 di esse l’aumento è maggiore del 100%”.

 

L’aumento dei casi si osserva in particolare nelle cinque province “sorvegliate speciali dei giorni scorsi”, ossia Caltanissetta, Ascoli Piceno, Lodi, Napoli e Verona.
Per quanto riguarda i valori relativi all’incidenza nelle 14 province dove il valore attuale è maggiore di 10 casi a settimana per 100.000 abitanti ci sono: Caltanissetta (73), Ascoli Piceno (69), Lodi (28), Napoli e Verona (22), Grosseto (20), Cosenza (17), Caserta (15), Belluno (14), Lecce e Sassari (13), Rimini (11), Bolzano e La Spezia (10).
Insomma, la variante Delta sta prendendo piede in Italia, anche se ancora i dati raccolti sono insufficienti per disegnare uno scenario preciso per le prossime settimane.

 

L’attenzione è alta e gli esperti avvertono che non è ancora venuto il momento di allentare la presa sulle misure contro il Covid.
Il presidente del Consiglio superiore di sanità e coordinatore del Comitato tecnico scientifico (Cts) Franco Locatelli avverte: “Il virus è sempre lo stesso, semmai le due varianti più diffuse, Alfa e Delta, rispetto al ceppo proveniente da Wuhan hanno maggior contagiosità. Non facciamo però l’errore di pensare a un virus che, per quanto abbia mutato caratteristiche, sia connotato da minor potere di provocare malattia grave”.
Secondo Locatelli “non c’è il rischio di una quarta ondata” perché “ciò che è cambiato è lo stato di immunizzazione del Paese. E questo rende ragione di una maggior protezione dall’infezione”.
Quanto alle caratteristiche della variante Delta, “oltre alla maggior contagiosità, sembra aver attenuato o smarrito del tutto alcuni connotati: per esempio la perdita del gusto e dell’olfatto non vengono più lamentate da chi si ammala. I sintomi più frequenti sono invece febbre, naso che cola, mal di testa e mal di gola. Ma questo non impedisce di causare patologie altrettanto gravi”.
Tornando ai dati delle ultime 24 ore in Italia, sono 177.977 i tamponi molecolari e antigenici effettuati, ieri erano stati 74.649.
Il tasso di positività è dello 0,56%, sostanzialmente stabile rispetto allo 0,47% di ieri.
I pazienti ricoverati per Covid in terapia intensiva sono 180, con un calo di 7 unità rispetto al giorno precedente nel saldo quotidiano tra entrate e uscite.
Gli ingressi giornalieri sono 8, mentre ieri erano stati 11.
I ricoverati con sintomi nei reparti ordinari sono 1.234, in calo di 37 unità rispetto a ieri.

 

VACCINAZIONI PER UNA SCUOLA SICURA

Corsie preferenziali per i professori negli hub vaccinali: è l’indicazione alle Regioni del Commissario all’emergenza Covid Francesco Figliuolo, che ha aperto il fronte della scuola nella campagna per immunizzare gli italiani.
In una lettera ai governatori il generale esorta a incentivare alla vaccinazione gli oltre 215 mila docenti e componenti del personale scolastico (più quello universitario) che non hanno ancora ricevuto neppure una dose.
Settembre con la riapertura non è così lontano e il rischio è di farsi trovare impreparati a fronte dell’incognita varianti.
Se in Italia gli immunizzati totali sono oltre il 40% degli over 12 – più di 21,7 milioni di persone – e le dosi somministrate oltre 55 milioni, Figliuolo ricorda che l’85% del personale scolastico ha avuto la prima dose, con un incremento dello 0,5% rispetto a due settimane fa.
Per rendere però “più omogenee” le percentuali nelle singole regioni, considerando che diverse “rimangono ben al di sotto dell’80% di prime somministrazioni”, il Commissario chiede “di attuare in maniera ancor più proattiva il metodo di raggiungimento attivo del personale che non ha ancora aderito alla campagna vaccinale, coinvolgendo anche i medici Competenti per sensibilizzare la comunità scolastica in maniera ancor più capillare”.

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In realtà, secondo altre fonti, ci sono Regioni che superano il 90% e almeno 5 invece sotto il 60%.
Tra quelle sotto l’80% – sono 8-9, ha detto ieri il generale – c’è la Sicilia, il cui presidente Nello Musumeci afferma “abbiamo il 79% di popolazione scolastica fra docenti e discenti che ha già ricevuto almeno la prima dose”.
Secondo l’assessorato alla Sanità della Sardegna invece, il 78,9% del personale scolastico è stato vaccinato.
Per la Regione sarebbe quindi sottostimato il dato dell’ultimo report nazionale che pone l”isola attorno al 66,7%.

Intanto sulla vaccinazione di professori e studenti prende posizione il sindacato dei presidi DirigentiScuola, che domani sarà in sit-in sotto il ministero dell’Istruzione a scuola per dire no alle classi pollaio e alla Dad.
“Proporrei l’obbligatorietà per quegli insegnanti che non si sono ancora immunizzati, come per i medici – dice il presidente del sindacato Attilio Fratta -. Se una persona costituisce un pericolo sociale deve essere allontanata. Stesso discorso vale per gli studenti: i vaccini salvano le vite, di tutti. Quindi bene all’immunizzazione per la fascia che va dai 12 ai 16 anni”.
“In Italia, per quello che mi riguarda, non esiste alcun obbligo vaccinale, compresi gli studenti – commenta il sottosegretario all’Istruzione Rossano Sasso -. Per i minori di 12 anni non esiste alcun vaccino che sia certo. Comunque auspichiamo che i lavoratori della scuola, quel 15% che ancora non l’ha fatto, si possa vaccinare per evitare proprio le chiusure”.

Per i minori di 12 anni, anzi per i bambini sotto i 6 anni, arriva un emendamento al decreto sostegni bis approvato in Commissione Bilancio alla Camera che esclude l’obbligo di sottoporsi al tampone per motivi di viaggio.
I bambini non devono essere sottoposti a quarantena o autoisolamento per spostamenti nell’Unione europea se la misura non tocca i genitori, vaccinati o guariti.

Tra le categorie bisognose di sostegni c’è sempre quella dei locali da ballo, ancora in attesa di una data per la riapertura. Domani in Consiglio dei ministri, annuncia il leader Matteo Salvini, la Lega tornerà a chiedere la riapertura delle discoteche.
E anche a quel fine i vaccini, il green pass e i tamponi saranno determinanti.
Domani, intanto, i gestori delle discoteche scendono in piazza a Roma per chiedere al governo di “poter finalmente tornare a lavorare dopo 17 mesi di stop”.

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