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Strage di Tunisi, ancora molti punti oscuri

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Strage di Tunisi, ancora molti punti oscuri

La strage di Tunisi presenta ancora molti punti oscuri. La dinamica degli attacchi, la composizione del commando che materialmente ha portato a termine gli attentati e l’affiliazione dei terroristi ad altri network jihadisti, Stato Islamico in testa, sono tutti aspetti ancora lontani dall’essere chiari.

L’IDENTITA’ DEI TERRORISTI
I due tunisini uccisi dalle forze speciali intervenute al museo del Bardo sono Saber Kachnaoui e Yassine Laabidi. Quest’ultimo era noto e seguito e dalle forze dell’ordine tunisine, benché sul suo conto non ci fossero particolari segnalazioni. Non un obiettivo ‘caldo’, dunque. Detto questo, secondo la BBC un militante di al-Qaeda ha rivelato all’emittente britanniche che i due hanno passato due mesi a Derna, in Libia, ad addestrarsi prima di rientrare in Tunisia. Nel rivendicare l’attentato – attraverso un audiomessaggio – l’ISIS ha identificato i due attentatori con i nomi di Abu-Zakariya al-Tunisi e Abu-Anas al-Tunisi. Al momento non è chiaro se si tratti di soprannomi di battaglia.

LA DINAMICA DELL’ATTENTATO In un primo momento il vero obiettivo dell’attacco sembrava essere il Parlamento tunisino, che si trova accanto al museo del Bardo. Solo dopo essere stati respinti dalle forze di sicurezza i terroristi avrebbero ‘ripiegato’ verso il museo. Una versione dei fatti che però viene confutata dalla rivendicazione dell’ISIS, che invece sostiene che proprio il museo era l’obiettivo primario. Ancora. In un primo momento si è scritto che i terroristi indossavano divise militari, forse per travestirsi da soldati dell’esercito. Le foto dei cadaveri di Kachnaoui e Laabidi provano invece che avevano abiti ‘civili’. La qual cosa sembra confermare che i terroristi fossero cinque e che tre siano riusciti a scappare dopo l’attacco. Il ministro dell’Interno tunisino Najem Gharsalli ha poi rivelato che i terroristi erano “muniti di cinture esplosive” e di armi “molto avanzate” e che il numero delle vittime “sarebbe potuto essere molto più alto”.

LA RIVENDICAZIONE
Dopo una giornata di voci non confermate di una paternità dell’ISIS nella gestione degli attacchi (in realtà gli account Twitter appartenevano a ‘fan’ dello Stato Islamico, non a portavoci ‘ufficiali’), la rivendicazione si è finalmente materializzata. A certificarlo, come al solito, il SITE di Rita Katz. E’ da sottolineare però che la cellula ‘Katibet Okba Ibn Nafaâ’ – con ogni probabilità affiliata ad al-Qaeda in Maghreb e forse fusasi nel gennaio dello scorso anno con Ansar al Sharia Tunisia – aveva già rivendicato l’attentato (fonte Mosaique FM). Il premier tunisino Habib Essid ha detto però che non è stata ancora identificata l’organizzazione terroristica cui apparteneva il commando.

GLI ARRESTI
In totale sono nove le persone detenute dalla polizia, di cui quattro per “legami diretti con l’attacco”. Tra questi figura anche la sorella di Jabeur Khachnaoui, arrestata nella casa della famiglia, nella regione di Sbitla, centro della Tunisia. Lo riferisce il sito di Radio Mosaique. La giovane è una studentessa. Mosaique FM fa notare che Jabeur Khachnaoui era latitante dall’arresto del gruppo Katibet El Chebeb el Moujahed di Sbitla (gruppo che era in contatto diretto con il Katibet Okba Ibn Nefaa diretto dal terrorista Lokman Abou Sakhr.

LA CONNESSIONE SIRIANA
Secondo il blog Tunisie Secret Saber Khachnaoui era stato in Siria a combattere tra le fila dei miliziani dell’ISIS. Affermazioni che al momento non possono essere verificate. Sta di fatto che gli esperti concordano che sono tra i 2mila e 5mila i tunisini ‘sedotti’ dal canto dell’ISIS: circa 500 sono rientrati in patria dopo aver preso parte alle operazioni militari in Siria e Iraq.

20/03/2015

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