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Si voterà il 25 settembre. Vola lo spread. Cosa cambia per i mutui

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Si voterà domenica 25 settembre, di fatto l’unico giorno possibile in base alle regole che concedono un massimo di 70 giorni dal giorno dello scioglimento ma anche un minimo di 60 per permettere le complesse operazioni di presentazione delle liste e una giusta campagna elettorale.

Un periodo lungo, al quale si aggiungeranno altre settimane per la formazione del nuovo governo e che permetterà quindi al premier Mario Draghi – naturalmente in carica per gli affari correnti – di continuare a guidare il Paese per circa altri quattro mesi.

Da qui nasce l’appello preoccupato del presidente della Repubblica che, dopo aver firmato il decreto di scioglimento, compare agli italiani per ricordare quanto la situazione sia difficile e per sensibilizzare i partiti a collaborare con il presidente del Consiglio nonostante la campagna elettorale si annunci spigolosa.

“Il Governo – premette Mattarella – incontra limitazioni nella sua attività, ma ha gli strumenti per operare in questi mesi prima che arrivi il nuovo esecutivo. Non sono possibili pause – sottolinea – nel momento che stiamo attraversando, i costi dell’energia hanno conseguenze per famiglie ed imprese, vanno affrontate le difficoltà economiche, ci sono molti adempimenti da chiudere nell’interesse dell’Italia”.

E se non fosse stato abbastanza chiaro si rivolge direttamente ai partiti che hanno voluto questa crisi agostana: “mi auguro che – pur nell’intensa, e a volte acuta, dialettica della campagna elettorale – vi sia, da parte di tutti, un contributo costruttivo, riguardo agli aspetti che ho indicato; nell’interesse superiore dell’Italia”.

Un invito a fare, a non fermarsi, a non disperdere i fondi europei che necessitano ancora di leggi e riforme. Appello immediatamente raccolto da Mario Draghi che nel Consiglio dei ministri assicura il suo massimo impegno ed altrettanto chiede ai suoi ministri, molti dei quali dei partiti che non gli hanno dato la fiducia.

“L’Italia ha tutto per essere forte, autorevole, credibile nel mondo. Ora dobbiamo mantenere la stessa determinazione nell’attività che potremo svolgere nelle prossime settimane, nei limiti del perimetro che è stato disegnato”. Parole motivazionali alle quali Draghi aggiunge una garbata frase dedicata a chi gli succederà, quasi a voler esorcizzare quell’accusa di aver preteso “pieni poteri” che tanto l’ha ferito: “Dobbiamo far fronte alle emergenze legate alla pandemia, alla guerra in Ucraina, all’inflazione e al costo dell’energia. Dobbiamo portare avanti l’implementazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, anche – ricorda a tutti i suoi ministri – per favorire il lavoro del Governo che ci succederà”.

C’è tempo per i saluti, aggiunge tornando sui tanti dossier aperti. Come quello sul decreto aiuti bis sul quale palazzo Chigi è pronto ad intervenire perché si tratta di temi importanti per i cittadini come energia e bollette.

Non sarà facile però essere laboriosi in un clima che si sta surriscaldando nel volgere di una giornata, come dimostrano le parole di Enrico Letta alla Bbc: “credo che sia stata una vergogna, l’Italia è stata tradita perché quei partiti che hanno deciso di non votare la fiducia al governo lo hanno fatto soltanto per interessi egoistici”.

Dall’altro lato la scelta di Forza Italia di affossare Mario Draghi non è certo piaciuta a tutti: lo dimostrano le defezioni di Maria Stella Gelmini, Renato Brunetta e Andrea Cangini. Alle quali in serata si è aggiunta anche la ministra Mara Carfagna: prendo le distanze da Forza Italia e avvio una riflessione politica, ha spiegato.

SPREAD E REAZIONI ECONOMICHE IN EUROPA

Piazza Affari, stretta tra le tensioni politiche con le dimissioni di Mario Draghi e le mosse della Bce per contrastare l’inflazione, non è andata in tilt.

L’avvio di giornata non è stato dei migliori con il Ftse Mib che, ora dopo ora, è andato in fibrillazione arrivando a cedere fino a 2,7 punti percentuali. Poi mano a mano che il quadro della crisi di Governo si è delineato il listino, pur in un’altalena continua, ha recuperato terreno chiudendo con un contenuto -0,71%.

Volatilità, sì più marcata per Milano, ma che ha condizionato anche la giornata delle altre Piazze europee, stabilizzate poi dal rialzo, atteso ma non previsto, dei tassi di mezzo punto da parte della Bce, combinato ai dettagli del Transmission Protection Instrument. E ancora una volta è stato lo spread ad infiammarsi.

Il differenziale tra i Btp e Bund è arrivato a toccare i 237 punti (in chiusura a 230,7) con i rendimenti al 3,6, come la Grecia.

Per gli economisti non una sorpresa perché il differenziale sale per le condizioni più stringenti poste da Francoforte per attivare il Tpi.

Il rispetto dei criteri di bilancio indicati dall’Ue, l’assenza di gravi squilibri macroeconomici, la sostenibilità del debito, l’adozione di politiche solide e sostenibili nel rispetto degli impegni presi non sono cosa da poco. E soprattutto la sua attivazione è a discrezione della Bce.

Lo sa anche l’Italia che si trova ad affrontare l’ennesima crisi con le elezioni in programma per fine settembre. E lo dice anche a chiare lettere la presidente della Bce.

EFFETTI SU DEBITI E MUTUI

La Bce è intervenuta dopo oltre dieci anni con un rialzo dei tassi di interesse di mezzo punto percentuale. Di fronte ad un quadro economico preoccupante, con un’inflazione che si avvicina pericolosamente alla doppia cifra, L’Eurotower ha optato per una stretta monetaria decisa dello 0,50% anziché lo 0,25% che veniva accreditato fino a poco tempo fa. L’aumento del costo del denaro avrà ripercussioni dirette nella vita di cittadini e imprese, ma non solo.

PERCHÉ LA BANCA CENTRALE ALZA I TASSI:
il tasso di interesse può essere definito come il principale strumento di politica monetaria di una banca centrale. Obiettivo primario della Bce è il mantenimento della stabilità dei prezzi, ovvero un’inflazione intorno al 2%. Quando l’inflazione sale oltre i limiti di guardia con tutte le conseguenze che ne derivano, prima tra tutte la perdita di valore dei risparmi, la banca centrale interviene aumentando il costo del denaro e, quindi, riducendo la disponibilità di moneta in circolazione. Questo significa meno spese, quindi meno domanda, ma anche meno investimenti, con il rischio di frenare la crescita pur di abbattere l’aumento fuori controllo dei prezzi.

PRESTITI E MUTUI PIÙ CARI:
l’aumento dei tassi della banca centrale influenza il livello generale dei tassi d’interesse. Quindi il livello generale del costo del denaro. Se le banche dell’eurozona pagheranno un costo maggiore per prendere in prestito denaro dalla Bce, alla fine anche i prestiti e i finanziamenti a tasso variabile (mutui) a imprese e cittadini saranno più costosi. Il parametro di riferimento per i mutui a tasso variabile è l’Euribor che, come gli altri tassi di interesse interbancari, è molto sensibile alla variazione del tasso Bce.

Inoltre gli incrementi per cittadini e imprese potrebbero essere maggiori in alcuni Paesi, come l’Italia, se la banca centrale non eviterà il ritorno della frammentazione del mercato europeo già vista negli anni scorsi. Un segnale in tal senso è già arrivato dall’aumento dello spread tra Btp italiani e Bund tedeschi che misura, seppure in maniera approssimativa, il livello di rischio del Paese. Se per un mutuo il parametro di riferimento non è lo spread, ma l’Euribor, tuttavia uno spread maggiore indebolisce le banche, che sono così più prudenti a erogare i prestiti o li concedono a tassi maggiori.

MAGGIOR COSTO DEL DEBITO PUBBLICO:
se i tassi salgono gli Stati che emettono titoli di debito per finanziarsi dovranno offrirli con interessi più alti, diversamente i mercati potrebbero orientarsi verso altri strumenti più redditizi. Questo potrebbe comportare un aggravio della situazione per quei Paesi già molto indebitati, come l’Italia, al netto di interventi della banca centrale, simili al già visto quantitative easing, per tenere bassi gli spread. Va detto però che, nel caso dell’Italia, una elevata durata media del debito, pari a circa sette anni, con oltre il 70% a tasso fisso, frena le ripercussioni di un aumento dei tassi e, quindi, dello spread. Altra conseguenza è la perdita di valore delle obbligazioni emesse in precedenza, in quanto meno redditizie di quelle di nuova collocazione e, quindi, meno appetibili sul mercato.

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