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Rapina a San Marco, ci sono nomi e volti: sono serbo-croati

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Furto gioielli a Palazzo Ducale, diffuse foto e video

A Venezia il colpo a San Marco di marzo 2017 destò clamore.

Ora però ha un volto e un nome la banda che il 3 gennaio scorso a Venezia trafugò da una teca della sala dello Scrutinio a Palazzo Ducale alcuni dei gioielli indiani della mostra “Tesori dei Moghul e dei Maharaja”, di proprietà dello sceicco Hamad bin Abdullah Al Thani, cugino dell’emiro del Qatar.

Dopo mesi di indagini condotte nel silenzio più assoluto, gli investigatori hanno individuato gli autori del colpo: un gruppo di croati e serbi ‘specializzati’ in furti di preziosi, che potrebbero aver già colpito sia in Italia che all’estero.
Per questo non viene escluso che nei loro confronti possa essere contestato il reato di associazione a delinquere.

La banda avrebbe goduto di un aiuto dall’interno, una ‘talpa’ che, come appurato già dai primi accertamenti, ha aperto la teca contenente una coppia di orecchini e una spilla in diamanti, oro e platino, permettendo agli esecutori materiali di fuggire indisturbati col bottino ben prima che scattasse l’allarme.

Una precisione cronometrica che ha sempre fatto puntare il dito degli investigatori anche contro qualcuno ‘all’interno’ della mostra, considerato che il sistema d’allarme fornito dagli organizzatori della rassegna era considerato all’avanguardia e messo a punto dallo stesso collezionista.

Sangue freddo ma anche abilità estrema sono stati riconosciuti subito agli autori del furto, uomini capaci di arraffare i preziosi senza farsi notare mentre la sala era già affollata di visitatori e di fuggire con estrema noncuranza, senza fretta, ‘seguiti’ dagli occhi delle telecamere.

Una azione, si pensò all’epoca del colpo, frutto di un accurato sopralluogo compiuto in precedenza e soprattutto eseguita su commissione, anche se i gioielli, proprio perché famosi, sono ritenuti difficilmente piazzabili sul mercato illegale, pur se ridotti a semplici gemme.

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