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Operatore di casa di riposo condannato: faceva foto di anziani in difficoltà e le inviava Whatsapp

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Un operatore socio sanitario di 30 anni, residente nel Sandonatese, è stato condannato a un anno di reclusione con pena sospesa per aver scattato foto ai pazienti anziani che accudiva durante il suo servizio alla casa di riposo Monumento ai caduti di San Donà di Piave e averle poi condivise sui social.

Anziani nudi o seminudi, in stato di incoscienza o semi-incoscienza: un teatro di scatti-barbari che veniva raggruppato sotto la chat “Sballati on the road”, per condividerla chissà per quali orridi fini, forse per “divertimento”. Il trentenne Oss, infatti, faceva le foto con il suo smartphone mentre i pazienti dormivano o erano incoscienti, e le condivideva attraverso Instagram e la chat di Whatsapp appositamente creata.

L’accusa firmata dal pubblico ministero parla di “immagini e video attinenti alla vita privata degli anziani e (addirittura) di malati terminali” che venivano fotografati “mentre erano allettati, in abbigliamento da notte o seminudi e, in alcuni casi, incoscienti o semi-incoscienti”. Alcuni di loro anche mentre erano intubati. Poi quegli scatti privati e immagini di sofferenza, finivano sui cellulari di altre persone attraverso il gruppo whatsapp o messaggi singoli che il trentenne Oss mandava ad amici e conoscenti.

Sono state contate diciassette vittime dell’abuso, alcune delle quali ormai decedute, tutte ricoverate nella Rsa di San Donà di Piave per essere assistite e finite al centro delle fotografie scattate dall’operatore socio-sanitario che ne doveva curare l’assistenza. Questo comportamento, andato avanti per tutto il 2020 e fino a maggio 2021, è stato commesso nei confronti di persone portatrici di minorazione fisica, psichica o sensoriale.

La scoperta dell’accaduto è avvenuta grazie alla segnalazione di un conoscente del trentenne che si era accorto delle fotografie conservate nella memoria del cellulare dell’uomo e aveva deciso di denunciare tutto ai carabinieri. Grazie ad una veloce indagine informatica, i militari dell’Arma hanno ricostruito tutti i passaggi: tutte le accuse sono state cementate nel cd-rom sequestrato a casa dell’uomo e soprattutto nelle confessioni che lo stesso trentenne ha dichiarato confermando le accuse, cedendo durante l’interrogatorio.

Il trentenne Oss, alla fine, ha patteggiato la pena e il pagamento delle spese processuali da parte delle parti civili: l’Ulss 4 Veneto orientale e due vittime.

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2 persone hanno commentato. La discussione è aperta...

  1. Non dovrebbe esistere il patteggiamento in GIUSTIZIA. La legge deve punire i rei non andare in accordi. Tanto tempo fa’ esisteva una ruota, non deve esistere clemenza per certi reati.

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