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No pass nelle piazze sabato. Tensioni a Trieste e Milano

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No pass a Milano e Trieste. Sit-in altre città e ancora aggressioni contro giornalisti.
Calano le presenze ma resta alto il livello di tensione durante l’ennesimo sabato di proteste contro il Green pass.
I cortei organizzati in tutta Italia, caricati da timori per la paura della diffusione del contagio e i divieti imposti nei giorni precedenti, si sono svolti con un netto calo di adesioni.
E il tentativo di accendere scintille in piazza stavolta è stato spento rapidamente dalle forze dell’ordine, in particolare a Trieste, Milano e Torino.

Nel capoluogo friulano, che ultimamente ha visto aumentare malati e focolai collegati alle manifestazioni precedenti, un gruppo di duecento manifestanti – reduci della sfilata di ottomila persone che si era appena conclusa senza incidenti – ha tentato di forzare le transenne in piazza Unità d’Italia, ma gli agenti hanno respinto i manifestanti con una carica: almeno cinque manifestanti sono stati fermati.
Nessun ferito, ma soltanto la violazione dell’ordinanza imposta dal sindaco sull’uso delle mascherine durante le manifestazioni e sui controlli ad hoc da parte di “steward”.
L’avviso da parte della questura era arrivato chiaro qualche ora prima: se non fossero state “rispettate tutte le prescrizioni dell’Autorità di Pubblica Sicurezza” si sarebbero valutate “le singole posizioni degli organizzatori e dei manifestanti” e “i contravventori al divieto o alla prescrizione dell’Autorità” puniti con “l’arresto fino a un anno”.
Dal canto loro, i manifestanti hanno risposto violando il divieto e lanciando una raccolta fondi per sostenere eventuali spese legali.

Assente dalla scena, invece, il leader delle proteste dei portuali nelle scorse settimane, Stefano Puzzer, sostenuto da una sessantina di suoi simpatizzanti in piazza del Popolo a Roma, contro il foglio di via obbligatorio dalla Capitale con divieto di soggiorno per un anno che era stato emesso nei suoi confronti.

A Milano circa quattromila manifestanti hanno invece provato ad alzare il livello dello scontro con la questura, che dopo la trattativa saltata con gli organizzatori aveva previsto un percorso che evitasse luoghi sensibili all’interno della città.
Nel mirino sono finiti ancora una volta i giornalisti: prima che iniziasse il corteo, due manifestanti hanno spintonato un giornalista in piazza Fontana, mettendogli la mano sulla telecamera, e sono stati accompagnati in questura. La stessa troupe  è stata poi di nuovo spintonata (scene simili anche contro un cronista a Trieste).

In serata invece il corteo ha deviato dal percorso previsto dirigendosi invano verso la Darsena e bloccando il traffico.
Non sono mancate le tensioni con gli automobilisti.
Durante il tragitto alcuni manifestanti hanno portando in spalla una bara di cartone avvolta nella bandiera italiana con dei garofani sopra per celebrare “il funerale della libertà”, altri hanno indossato dei gilet gialli.

Nessun problema di ordine pubblico a Trento, Novara e a Napoli, dove si sono riunite poche centinaia di persone.
A Torino qualche momento di tensione è stato innescato dagli anarchici scesi in strada per i diritti dei migranti, che hanno lanciato bottiglie e petardi contro un cordone di poliziotti durante un corteo con qualche centinaio di dimostranti, che si è snodato nel centro storico dietro un furgone azzurro su cui era stato appeso un drappo con la scritta “shit”.
La manifestazione ha costeggiato Piazza Castello dove era in corso un raduno dei No pass, i quali per alcuni minuti si sono fermati davanti alla sede Rai al grido “Giornalisti terroristi” per poi organizzare provocatoriamente un aperitivo in strada.

Aldilà della piazza, proseguono gli attacchi ai medici.
L’ultimo atto vandalico si è registrato a Bologna, ai danni di quattro auto delle squadre di cure a domicilio della Ausl.

Il calo delle adesioni alle proteste in generale è stato confermato sul fronte politico dal ministro per il Lavoro Andrea Orlando, per il quale in generale la discussione sul Green pass nei luoghi di lavoro “è scomparsa perché si è visto che nei Paesi dove non sono state assunte misure più incisive si è stati costretti a farlo di corsa e male. L’Italia ha dati preoccupanti come tutti i Paesi che si trovano di fronte alla quarta ondata, ma lo fa con numeri migliori. Sono i dati che danno ragione alla scelta compiuta”.

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