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Mobbing oltre ogni limite: datore di lavoro arrestato

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Mobbing oltre ogni limite: le cronometrava il pranzo, la sottoponeva a continue angherie e alla fine è stato arrestato. E’ stato definito “manager stalker”. Con i suoi atteggiamenti da: ‘Io sono il padrone’ ha fatto finire la Vittima, una sua dipendente, in una grave depressione.

“Io sono il padrone di questa azienda e vi do lo stipendio. Voi dovete fare quello che dico io”. La frase, una delle tante che ripeteva quando chiamava in ufficio, è una delle tante umiliazioni subite dalla dipendente di una azienda informatica del torinese.

Dopo anni di soprusi, la donna ha denunciato il suo datore di lavoro. E lui è finito ai domiciliari, per atti persecutori e violenza privata. Si tratta di un 56enne, amministratore delegato dell’azienda. E’ accusato di una lunga serie di vessazioni, che hanno causato nella dipendente una sindrome depressiva da stress tale da spingerla a rivolgersi ad un centro antiviolenza. E poi alla polizia.

L’inferno sul lavoro, per la donna, è iniziato subito dopo l’assunzione, nel 2018. Il ceo dell’azienda la controllava con messaggi e mail sul telefonino aziendale, anche di sera e durante il fine settimana. Messaggi in cui la dipendente veniva accusata di scarsa fedeltà e mancata disponibilità. Sul posto di lavoro era arrivato al punto di incaricare una persona di seguirla, nell’operato e negli spostamenti.

Come se non bastasse l’ad cronometrava le pause pranzo, la obbligava a tenere la porta aperta dell’ufficio e spesso e volentieri manifestava il suo ‘essere padrone’ con frasi arroganti e ad effetto. Non mancavano neppure i tentativi di screditarla agli occhi dei colleghi; per farlo la intralciava in continuazione, fino a sollevarla dal suo incarico per dargliene un altro di livello inferiore, e cioè un vero e proprio demansionamento.

L’inchiesta della procura, avviata dopo la denuncia della dipendente, ha accertato che le umiliazioni l’hanno costretta a restare a casa, vittima di crisi di panico, ansia e insonnia. Tutte conseguenza del clima in cui doveva vivere sul lavoro. E l’uomo, invece di tornare sui suoi passi quando è iniziata la “crisi”, a fronte all’assenza per malattia, ha inviato alla donna una lettera di licenziamento per giusta causa.

Un atto poi revocato, ma soltanto perché l’altro socio dell’azienda era all’oscuro della decisione. Quando la donna è tornata in ditta, il Ceo le ha fatto trovare la porta dell’ufficio senza maniglia e, all’interno, non c’era più il computer. La dipendente a quel punto ha un malore, viene chiamato il 118 e il datore di lavoro sembrava addirittura tentare di intralciare i soccorritori, rendendo necessario l’intervento della polizia affinché i paramedici potessero effettuare il loro intervento.

(foto da archivio)

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