Isis in Libia ha diffuso un nuovo video dell’orrore in cui mostra l’esecuzione di due uomini accusati di stregoneria. Nel video si vedono i due condotti in piazza dai jihadisti e poi uccisi.
Una scena che ci rimanda indietro nei secoli: sono 232 anni quelli che ci separano dall’ultima esecuzione per stregoneria in Europa. L’ultimo tribunale dell’Inquisizione a scomparire fu quello spagnolo, abolito nel 1834.
Paralleli storici che fanno rabbrividire in questo 10 dicembre, giornata dedicata al Diritti dell’Umanità, giorno in cui a Venezia, il Consiglio regionale ospita una conferenza stampa di Nessuno Tocchi Caino di cui è ben noto l’impegno contro la pena di morte. L’Isis con i suopi filmati ci rimanda indietro nell’epoca della barbarie.
Fa specie sentir parlare di stregoneria quando a Vicenza, per capirci, l’ultimo caso di processo per stregoneria risale al 1616: “Processo per magia e rapporti con il demonio contro Lucrezia, figlia del mugnaio Melchiorre di Vicenza”.
Streghe e stregoni verranno processati nella Serenissima fino alla metà del Settecento senza emettere condanne a morte. L’ultima condanna capitale per stregoneria in terra trentina è datata 1717 quando fu condannata Domenica Pedrotti detta Zambanella.
In Scozia l’ultima condanna è del 1722; in Francia 1731, l’ultimo processo a Berlino si ebbe nel 1728; un caso isolato in Svezia nel 1763 mentre a Kempten in Baviera l’ultima strega fu bruciata nel 1775; nel 1781 fu bruciata a Siviglia una donna e nel 1782 una ragazza fu decapitata in Spagna per stregoneria, e nello stesso anno un’altra ragazza fu giustiziata a Glarona (Svizzera), e l’ultima esecuzione legale europea si ebbe nel 1782 a Clarus, in Svizzera, ma nel 1783, nella città polacca di Posen, pur se fuori della legalità, furono condannate a morte due donne.
Sarà anche un caso, ma proprio in occasione dell’ultimo anno santo, nel 2000, l’allora Pontefice, Giovanni Paolo II, volle approfondire il ruolo dei processi per stregoneria dell’Inquisizione e lo fece con il massimo rigore scientifico e nella massima trasparenza: studiosi protestanti, storici marxisti, teologi e docenti delle Università Pontificie si confrontarono nel 1998.
Nel ponderoso volume di 788 pagine, frutto del contributo di 30 studiosi diversi: da quello studio Giovanni Paolo II si convinse fermamente di dover chiedere perdono, a nome della Chiesa, di fronte al mondo e di fronte alla storia, “per gli errori commessi nel servizio alla verità attraverso il ricorso a metodi non evangelici”. E così fece il 12 marzo 2000, in occasione della Giornata del perdono. Si trattò di un momento luminoso nella storia della chiesa. A quella luce s’oppone oggi l’oscurantismo folle di chi vuole riportarci indietro nella storia, ai tempi della barbarie.
Roberto Ciambetti
10/12/2015