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Le vele dei bragozzi di Chioggia: storia e tradizioni

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Quando i bragozzi chioggiotti rientravano in porto, erano le vele, con i loro originali dipinti, ad annunciare alle famiglie chi stava facendo ritorno a casa dopo una lunga battuta di pesca.
L’usanza di dipingere le vele delle imbarcazioni sembra che sia nata proprio a Chioggia, e da qui si sia diffusa nell’Adriatico, tra le comunità di pescatori ubicate sulle coste occidentali dello stesso, partendo dalla Puglia, lungo tutto lo Stivale e arrivando in Istria.
Nella seconda metà del XIX secolo Chioggia divenne il più importante porto peschereccio di tutta Italia, con una flotta composta da circa 2500 imbarcazioni che seguiva stagionalmente le migrazioni delle specie ittiche, partendo verso le coste al di là dell’Adriatico e facendo ritorno il Venerdì Santo, preludio della primavera, periodo in cui sarebbero state le acque venete ad arricchirsi di pesce. Le trasferte dei pescatori di Chioggia di quest’epoca sono descritte in una relazione del 1930 in cui si racconta di come si spostassero seguendo la preda.

Da marzo a giugno era il “viaggio delle seppie” e i pescatori clodiensi si attivavano tra Punta Sdobba, alla foce dell’Isonzo, nel territorio di Grado, a Punta Tagliamento, alla foce dello stesso.
Seguiva il “viaggio Magro” da giugno a settembre, periodo che prende il nome dalla taglia del pescato, non ancora adulto, dalla vendita del quale sarebbero derivati bassi guadagni.
Da novembre fin quasi a Natale partiva il “viaggio del pesce”. In questo periodo la fauna ittica è composta da individui adulti che abbandonano il golfo di Venezia e migrano verso le coste istriane inseguita dai pescatori chioggiotti.
Spostandosi tra i vari porti portarono ovunque le loro vele, ben diverse da quelle con cui erano armate le imbarcazioni in qualsiasi altro attracco dell’Alto Adriatico, e l’usanza tipica non ci mise molto a diffondersi tra i marinai di questo lato della costa.
Un manoscritto, risalente alla fine del 1800 e custodito alla Biblioteca Civica Sabbadino di Chioggia, riporta i significati dei disegni con cui le vele venivano decorate.

All’epoca i bragozzi più grandi erano armati da due vele, i più piccoli da una, entrambe al terzo, un tipo di vela di taglio sulla quale il vento lavora da entrambe le facciate. Confezionate dagli stessi pescatori, aiutati dalle loro donne, venivano poi dipinte con un colore in polvere sciolto nell’acqua di mare. Dopo essersi asciugate al sole venivano gettate in acqua per esser liberate dalla polvere in eccedenza e lasciate nuovamente ad asciugare per poi venire decorate anche dal lato opposto, in modo speculare. Generalmente veniva decorata la vela di poppa, ma talvolta un qualche segno veniva lasciato anche in quella di prora, spesso privo di significato e deciso dalla moglie dell’armatore.
I colori usati erano quelli all’epoca più facili da reperire, quelli più usuali: giallo, rosso e nero, Già il celeste, il verde e il marrone era più raro vederli adoperati.
I simboli dipinti dovevano permettere di identificare la barca alla vedetta, il vigariolo, un pescatore, promosso al ruolo di avvistatore marittimo, che dalla cima del campanile, munito di cannocchiale, non appena distingueva quali barche stessero rientrando dalla battuta di pesca, correva ad avvisare le famiglie, ricevendo, in cambio della buona notizia, del pesce.

I simboli erano le iniziali, quelle dei nomi di famiglia o della barca, a cui si aggiungevano o si sostituivano simboli astronomici, disegni di animali, di oggetti di uso comune, o raffiguranti vegetali. Tra i tanti spiccava qualche simbolo religioso e numerosi sono i motivi similari a quelli araldici.
Quasi 800 vele vennero recensite all’epoca nel territorio, oltre un migliaio considerando quelle di altre località della costa.
Immagino fosse uno spettacolo vedere la partenza dei bragozzi con le loro vele dipinte allontanarsi dalle acque sicure della laguna e prendere il mare aperto. E quanta più allegria potesse fare vederle ritornare.

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