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La siccità è un problema: il Po è quasi a secco e ora l’allarme riguarda diverse regioni

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La siccità è il problema di oggi. Non piove da troppo tempo e la cosa ha forti ripercussioni nel mondo agricolo e urbanizzato. Coldiretti ha sottolineato l’iniziale disidratazione delle coltivazioni di piccoli frutti e dei vitigni in collina.

Al momento, comunque, non si parla ancora di emergenza anche se ci siamo vicini visto che l’ultima grossa perturbazione di cui ci si ricordi è di mesi fa. Successivamente altre occasioni di maltempo ma non molta pioggia.

Alcuni comuni del vicino Trentino hanno già chiuso tutte le fontane pubbliche, provvedimento a cui è seguito il divieto di sfruttare la risorsa per altri scopi se non quelli strettamente domestici.

Il rischio, del quale ancora non si parla esplicitamente, ma che è ben presente a tutti, è che si arrivi a dover scegliere fra irrigare i campi o far arrivare l’acqua dai rubinetti.

L’allarme siccità non si placa, anzi aumenta, soprattutto nel nord Italia del bacino del Po, il grande assetato, che restituisce la fotografia di un’emergenza di proporzioni tali che non si vedevano da anni. E ora l’allarme si sta estendendo rapidamente anche al centro.


nel bacino del Po in alcuni territori non piove da quasi quattro mesi e la situazione è in peggioramento, con le autobotti già in funzione in alcuni Comuni

In alcuni territori, infatti, non piove da quasi quattro mesi e la situazione è in peggioramento, con le autobotti già in funzione in alcuni Comuni.

In particolare in Lombardia dove il presidente della Regione Attilio Fontana ha già annunciato che chiederà lo stato d’emergenza, possibilmente cercando di coinvolgere anche i colleghi delle regioni che insistono sul bacino del grande fiume. “E’ una situazione estremamente delicata – ha detto – sono preoccupato da mesi”.

Si muove anche il Piemonte, con il governatore Alberto Cirio che ha inviato a Roma la richiesta di stato di calamità per l’agricoltura.

Il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha annunciato la costituzione di un Comitato di coordinamento nazionale degli Osservatori presso le Autorità di bacino. “Stiamo costituendo un Tavolo politico istituzionale di alto profilo – ha detto – per fare un quadro d’insieme delle misure a livello nazionale”.

Non si tratta, tuttavia, di un problema che riguarda solo il bacino padano. L’emergenza acqua si sta infatti rapidamente estendendo al Centro Italia, secondo il report dell’associazione dei consorzi di bonifica, che parla della “prima stagione in cui si evidenziano in maniera massiva le conseguenze dei cambiamenti climatici sulla Penisola”.


In Toscana, ad esempio, l’Arno, ha flussi dimezzati rispetto alla media mensile, l’Ombrone è ridotto ad uno stato torrentizio

In Toscana, ad esempio, l’Arno, ha flussi dimezzati rispetto alla media mensile, l’Ombrone è ridotto ad uno stato torrentizio.

Nelle Marche, il fiume Sentino tocca già il minimo storico, come Esino e Nera. In Umbria, gli invasi del lago Trasimeno e della diga Maroggia sono praticamente dimezzati rispetto agli anni scorsi e il Tevere registra il livello più basso dal 1996.

In Lazio, grave è la situazione dell’Aniene, crolla la portata del Sacco, così come in calo sono i livelli dei laghi di Nemi e Bracciano.

L’acqua è diventata ovunque una risorsa scarsa e preziosa: Federico Caner, assessore del Veneto e coordinatore del settore agricoltura della Conferenza delle Regioni, dice che se la situazione dovesse continuare non si potrà fare a meno di chiedere al governo un intervento per far prevalere l’utilizzo di acqua per uso umano e agricolo rispetto a quello energetico, finendo, inevitabilmente, per pesare su un settore già messo a durissima prova dalle vicende internazionali e dalla crisi energetica globale.


Edison, d’intesa con la Regione Lombardia, ha deciso di incrementare per i prossimi dieci giorni i rilasci d’acqua a valle degli invasi dalla Valtellina. Una scelta che ridurrà ulteriormente la produzione di energia idroelettrica, già in calo di oltre il 50% rispetto alle medie storiche

Edison, d’intesa con la Regione Lombardia, ha deciso di incrementare per i prossimi dieci giorni i rilasci d’acqua a valle degli invasi dalla Valtellina. Una scelta che ridurrà ulteriormente la produzione di energia idroelettrica, già in calo di oltre il 50% rispetto alle medie storiche.

L’allarme riguarda però in maniera ancora più impellente il settore agricolo. Il Consorzio della Bonifica Burana, che si occupa di una larga fetta di territorio agricolo in Emilia, dice che se perdura questa situazione non ci saranno più le condizioni per derivare acqua dal Po e quindi per irrigare i campi.

Da qui l’appello, condiviso un po’ da tutti gli attori di questa vicenda, a fare “un uso oculatissimo della scarsa risorsa idrica a disposizione”. Anche perché un altro sintomo della crisi idrica è la risalita del cuneo salino: in pratica quando la portata del Po è troppo debole, l’acqua del mare “risale” il corso del fiume, ma essendo salata non può essere usata per irrigare i campi. Negli ultimi giorni è arrivato a circa trenta chilometri dalla foce.

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2 persone hanno commentato. La discussione è aperta...

  1. Il problema si chiama riscaldamento globale con l’Italia che è destinata alla desertificazione tra 30 anni e continuare a ignorare il problema, perché vorrebbe dire mettere freno a molte attività economiche (si pensi a quante industrie sono coinvolte nel turismo, dalla bottiglietta di plastica all’aereo), è puro sadomasochismo

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