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Il Mose, il Mose… ma l’autorizzazione a farlo c’è? No, nessuno l’ha mai data

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mose venezia lavori in corso

Alla Camera dei Deputati, il portavoce Marco DA VILLA ha presentato un’interrogazione a risposta immediata (cd. “Question Time”) al Ministro dell’Ambiente Galletti, allo scopo di accertare la presenza o meno di un documento fondamentale nell’iter di approvazione della più grande opera pubblica italiana, le dighe mobili del Mo.S.E.

Dai nostri approfondimenti, risulta in modo evidente che questo Ministero, di concerto con quello dei Beni Culturali, non abbia mai formulato il necessario decreto di valutazione ambientale favorevole dell’opera anche se una sentenza di TAR del 2002 e una deliberazione del governo Amato del 2001 hanno affermato inequivocabilmente la necessità di stendere tale documento.

Con l’avvento del governo Berlusconi è stata elusa bellamente la normativa e si sono affidati i lavori al CVN, senza procedere ad alcun riesame del progetto e alla realizzazione di opere di salvaguardia complementari, come richiesto nella valutazione VIA e dal governo Amato.

Nel 2006 le cose non sono affatto migliorate con Prodi e Di Pietro i quali hanno respinto il tentativo estremo del Comune di valutare alcune opere alternative, efficaci e meno costose come, ad esempio: gli sbarramenti parziali dell’Arca, le insulae, i rialzi di rive e i rialzi geotecnici di palazzi e isole (questi ultimi sperimentati, ad esempio, nell’isola di Poveglia rialzata, attraverso l’iniezione di materiale negli strati geologici, di circa 20 cm).

“In pratica si è lasciato il compito di studiare e pianificare la politica di salvaguardia della laguna di Venezia ad un consorzio privato (privato!) che sapeva costruire nient’altro che dighe di cemento e cassoni di metallo. E, casualmente – continua Da Villa – queste imprese hanno sostenuto sempre di dover fare dighe di cemento e cassoni di metallo perché quello sapevano fare”.

Avallati in questo da un capillare sistema di tangenti, ad ogni livello: ministero, guardia di finanza, magistrato alle Acque, politici locali e nazionali. Basti ricordare soltanto che il verbale del Comitatone del 04 febbraio 2003, il quale pone una pietra tombale sulla questione ambientale, è firmato da Maria Giovanna PIVA (ex magistrato alle Acque) e Pietro LUNARDI (ex Ministro delle Infrastrutture), ora entrambi coinvolti nelle indagini per presunta corruzione. Nulla è importato al Magistrato alle Acque che doveva svolgere una funzione di controllo ma che è stato sistematicamente succube del Consorzio (come dichiarato dal suo ex Presidente, Mazzacurati).

Questa è la fabbrica dei ladri, non solo quella delle tangenti, e questa va abbattuta.
Una “cricca” che, per vent’anni, ha disapplicato la legge del parlamento che, già nel 1995, aveva revocato la concessione unica, a seguito dell’allora indagine della Corte dei Conti, affidando al Consorzio i lavori del Mo.S.E. dieci anni dopo sulla base di atti aggiuntivi alla concessione originaria. Insomma un banale trucco. Ma nessuno ha alzato la voce, neppure le imprese di costruzione rimaste “a bocca asciutta”.

Dopo la deludente risposta del Ministro, il quale ha confermato implicitamente l’assenza del decreto, il deputato Da Villa, non ritenendosi soddisfatto, ha replicato così: “Quello che ci sta dicendo Lei, Signor Ministro, è che nessun governo si è preoccupato dell’esistenza del decreto di compatibilità ambientale, cioè che se questi sono ladri, chi ha tenuto loro il sacco sono i governi, di destra e di sinistra. I complici dei ladri, per omissione, per inerzia o chissà per quale altro motivo che accerterà la magistratura, sono stati i governi Berlusconi e il governo Prodi del 2006! Complici di un’opera abusiva che ha drenato denaro pubblico sottratto alla sanità, alla scuola, alle imprese sane!
E ciò che è drammatico è che l’attuale governo sta ripercorrendo la medesima strada: per risolvere il problema del passaggio delle Grandi Navi nella Laguna di Venezia, da più di un anno il Ministro Lupi si è intestardito nel voler considerare come unica soluzione praticabile lo scavo di un devastante e costoso canale che taglia in due la Laguna, senza tenere minimamente conto dei progetti alternativi che salverebbero ambiente e occupazione. Per non parlare dell’opacità nella realizzazione di altre opere, come la Superstrada Pedemontana Veneta.
Voi raccontate favole agli italiani, la verità invece è che “Tutto deve cambiare perché tutto resti come prima”.

Il Movimento 5 Stelle di Venezia ritiene di proporre, allo stato attuale, le seguenti idee:
interruzione immediata della concessione (già cancellata per legge);
separazione degli studi e della progettazione dalla realizzazione delle opere;
smontare totalmente e “ricostruire da zero” la struttura del Magistrato alle Acque, collocandolo all’interno del Ministero dell’Ambiente, com’è naturale che sia;
valutare da subito l’opportunità di ridurre le profondità, almeno, delle bocche di porto di Malamocco e Chioggia (i cassoni non sono ancora deposti), e correggere, per quanto possibile, nei difetti più gravi le soluzioni tecniche e costruttive delle paratoie mobili.

Movimento 5 Stelle Venezia

[13/06/2014]

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