Fiducia a Letta. Il governo ottiene la fiducia al Senato con 235 voti a favore e 70 contrari. Ma il colpo di scena arriva da Silvio Berlusconi che dichiara in aula: “Il Pdl vota con la maggioranza”. Una retromarcia inaspettata, dato che solo questa mattina il gruppo aveva deliberato l’opposto. Una scelta “non senza interno travaglio” ammette il Cavaliere, costretto ad arrendersi ai numeri che gli vengono riportati poco prima del voto: oltre 23 senatori contrari alla sfiducia e altri 34 che vogliono uscire dall’Aula.
Nelle file del Pdl ha votato no alla fiducia Vincenzo D’Anna. Non hanno, invece, risposto alla chiama alcuni “falchi”: tra questi Sandro Bondi, Augusto Minzolini, Rocco Crimi, Manuela Repetti, Alessandra Mussolini e Francesco Nitto Palma.
Da una parte Berlusconi e i fedelissimi, dall’altra i “dissidenti” del Pdl guidati da Angelino Alfano. Il Cavaliere è arrivato in aula a discorso di Letta già iniziato e avrebbe messo le mani avanti: “Ascoltiamo Letta e poi decidiamo”. Una linea che sarebbe emersa anche alla riunione di partito con i senatori: “Sarà il gruppo in maniera compatta a decidere cosa fare”.
E nonostante l’ex premier si affretti a dire: “nessuna marcia indietro”, la guida politica del partito sembra non esserci più perchè mai come si evidenzia la spaccatura: forse il definitivo passaggio della leadership ad Angelino Alfano?
Pare che i giochi finali per decidere l’esito del Paese si siano svolti nella notte, dove le certezze di Berlusconi hanno vacillato quando i contatti con i senatori non davano l’esito sperato. Le ‘colombe’ hanno giocato d’anticipo e raccogliendo 23 firme in calce a una mozione di sostegno all’Esecutivo.
“Ci sono due classi dirigenti incompatibili” ha detto Gaetano Quagliariello. Mentre è impietosa anche l’analisi del Pd sulla mossa di Berlusconi: “Vuole nascondere una sconfitta politica – sottolinea Luigi Zanda – che invece è chiara e netta davanti agli italiani”.
Ne esce invece uscente Enrico Letta, con “Una fiducia non contro qualcuno. Ma per l’Italia e gli italiani”. Questo l’appello con il quale il presidente del Consiglio chiude il suo discorso: 50 minuti per chiedere all’aula di dare il via libera al governo. Con una citazione iniziale di Luigi Einaudi: “L’Italia corre un rischio che potrebbe essere fatale – afferma il premier -, sventare questo rischio dipende da noi, dalle scelte che assumeremo, dipende da un sì o un no”. E un finale di Benedetto Croce: “Ciascuno di noi ora si ritiri nella sua profonda coscienza e procuri di non prepararsi, col suo voto poco meditato, un pungente e vergognoso rimorso”.
Giorgia Pradolin
[02/10/2013]
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